I tempi sono maturi per riprendere un mio vecchio intervento, cancellato nello scempio che è stato fatto dei vecchi forum, apportando qualche modifica alla luce di quanto maturato nel frattempo.
Mi scuso in anticipo per il tono un poco "visionario" e spero sinceramente che ci possano essere dei contributi anche dai silenti, magari da coloro che, al contrario di me, possiedono una specializzazione specifica in fisica teorica. Affronto pertanto alcuni argomenti pur essendo cosciente di averne una conoscenza dilettantesca, ma il tema mi sembra molto importante.
Partiamo da lontano.
L'orecchio e' l'unico organo umano insieme all'occhio che funziona per diretta sollecitazione di campi ondulatori. Normalmente siamo abituati ad associare il concetto di tempo all'occhio, alla visione. Cosi' viene ad esempio fatto in fisica, essendo la cosa inevitabile quando si opera su scala cosmologica (per misurare il tempo delle galassie non posso che far riferimento alle onde elettromagnetiche da quelle emesse).
In questo campo, come noto, la teoria della relativita' ristretta ha ridefinito del tutto il concetto di "simultaneita'".
Ai tempi di Galileo si dava per scontato che due eventi simultanei in un sistema di riferimento risultavano simultanei in qualunque altro sistema di riferimento.
In realtà, per il fatto che la simultaneità in fisica si "conta" misurando i tempi di arrivo delle onde elettromagnetiche recanti con se l'informazione, una volta scoperto che le onde elettromagnetiche hanno una velocità di propagazione finita, è stato necessario ridefinire anche il concetto di simultaneità, ovvero di tempo nei diversi sistemi di riferimento.
Ebbene io credo che analoga cosa vada fatta nel campo sonoro. Infatti su scala umana il suono, fenomeno ondulatorio al pari della luce, reca in sé le formazioni sul "tempo di esistenza" dei fenomeni che lo hanno generato e sulla loro simultaneità. Inoltre anche il suono si propaga ad una velocità finita, che oltretutto è molto più bassa di quella della luce.
Fatti questi parallelismi, e tenendo sempre ben a mente le differenze tra suono e luce, faccio la seguente ipotesi: che sia possibile spiegare nel campo della riproduzione sonora il "funzionamento" del confinamento inerziale dei tempi di esistenza a partire da una teoria "simile" alla relativita' ristretta (con le dovute differenze legate alla diversissima natura dell'onda acustica e dell'onda elettromagnetica) estesa alle onde acustiche e alla definizione di un relativo concetto di "tempo".
Pertanto, sempre con le dovute cautele, proviamo a traslare la teoria della relatività ristretta dal campo delle onde elettromagnetiche a quello delle onde acustiche.
I punti chiave della relatività ristretta di Einstein sono i seguenti:
- in ogni sistema di riferimento inerziale si definisce uno spazio-tempo autonomo (spazio di Minkowski, quadridimensionale)
- le leggi della fisica hanno la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziali
- si puo’ individuare una relazione tra lo spazio-tempo di due sistemi di riferimento che si muovano l’uno rispetto all’altro di moto rettilineo uniforme (a velocita’ costante), e tale relazione e’ data dalle trasformazioni di Lorentz
- la velocita’ dela luce e’ costante ed invariante in ogni sistema di riferimento inerziale
- si definisce il concetto di “contemporanita’”: due eventi sono contemporanei rispetto ad un dato osservatore qualora i loro effetti giungano all’osservatore nello stesso istante (istante misurato rispetto al tempo dell’osservatore)
Einstein dette per scontato che il tempo di cui si parla e’ quello relativo alla percezione visiva, ovvero il fenomeno rispetto al quale egli valuta la contemporaneità e’ quello della propagazione delle onde elettromagnetiche. Ma questo può non essere sempre vero. Implicitamente Einstein ammette che non basta un sistema di riferimento inerziale per definire uno spazio-tempo, ma che lo spazio-tempo e’ definito in realta’ dalla coppia sistema di riferimento inerziale – osservatore dei fenomeni che in esso avvengono.
A seconda di come osservo variano le caratteristiche dello spazio-tempo:
la contemporaneità è definita a partire dall'osservatore e solo da quello, non esiste una contemporaneità assoluta.
Ora, nelle nostre scorribande nella spinosa materia della riproduzione dei suoni musicali, abbiamo compreso che le informazioni dello spazio-tempo originario sono tutte contenute nella sequenza: pertanto abbiamo concluso che primo compito di ogni sistema di riproduzione è quello di preservare la sequenza di origine, contenuta nel segnale.
Il punto chiave però è che per preservare la sequenza di origine è condizione sicuramente necessaria garantire la preservazione anche delle simultaneità.
Nell’esperienza di ascolto noi definiamo il tempo, ovvero la simultaneita’, rispetto all'ordine di arrivo dei suoni. Per noi due eventi sono contemporanei se le onde sonore emesse dai due eventi arrivano nello stesso istante al nostro sistema percettivo (le orecchie).
Ma cosa vuol dire esattamente questo fatto?
Proviamo a sdoppiare la rappresentazione dello spazio tempo, così come fatto nella relatività ristretta, e introduciamo uno spazio-tempo pertinente all'altoparlante e uno pertinente all'ascoltatore.
Inoltre consideriamo per semplicità un altoparlante puntiforme: questa semplificazione non inficia le conclusioni cui arriveremo.
L'altoparlante puntiforme emette onde sferiche nel suo spazio-tempo di riferimento.
L’ascoltatore si trova in un altro spazio-tempo.
Il vincolo che vogliamo porre è di questo tipo: che la simultaneità nei due spazi-tempo sia preservata, ovvero che l'ordine della sequenza che giunge all'ascoltatore non sia alterato rispetto a quello emesso dall'altoparlante.
Questo a sua volta impone un vincolo tra i due spazio-tempo, quello dell'altoparlante e quello dell'ascoltatore. Capire quale sia questo vincolo diventa una condizione imprescindibile per la preservazione della sequenza emessa dall'altoparlante nello spazio-tempo dell’ascoltatore.
La natura di questo vincolo e’ molto semplice: cosi’ come l’altoparlante (supposto puntiforme) emette onde sferiche nel suo spazio tempo, l’ascoltatore deve “vedere” nel suo spazio-tempo onde sferiche. La dimostrazione matematica è piuttosto semplice (basta vedere il modo in cui si è arrivati alla definizione delle trasformate di Lorentz nella relatività ristretta) e anche intuitivamente la cosa è comprensibile.
Così e solo così è possibile preservare la contemporaneità nei due spazio-tempo, e la preservazione della contemporaneità nei due spazio tempo è condizione imprescindibile per mantenere in arrivo l'ordine di partenza della sequenza.
Si può dimostrare matematicamente, rifacendosi alla dimostrazione della relatività ristretta, che il vincolo che questa condizione impone sui due spazio-tempo e’ nient’altro che la trasformazione di Lorentz, ove si sostituisca alla velocità della luce la velocità del suono.
Con la differenza che qui, al contrario di quanto fatto nella relatività ristretta, siamo partiti dal vincolo di mantenere la contemporaneità nei due spazi-tempo, e siamo arrivati alla seguente conclusione:
condizione necessaria per mantenere la contemporaneità, ovvero preservare la sequenza, è che i due spazio-tempo, quello dell’altoparlante e quello dell’ascoltatore, siano o immobili o al massimo (accettando l’effetto Doppler) in moto rettilineo uniforme l’uno rispetto all’altro.
Questo vuol dire che i due sistemi di riferimento non devono essere accelerati uno rispetto all'altro. Il vincolo riguarda tutte le forze: la gravità così come tutte le forme di scambio di forze che possono creare accelerazioni tra i due sistemi di riferimento.
Detto in termini a noi noti, occorre porre i due sistemi di riferimento in condizione di confinamento inerziale, o in subordine in immobilita’ relativa in banda di lavoro.
Che poi è esattamente quello che facciamo utilizzando i sistemi di sospensione a frequenza subsonica, molle ad aria ed elastici.
Se tutto questo è vero, la teoria ci dice che occorrerebbe porre in confinamento inerziale anche l'ascoltatore. Cosa che secondo me sarebbe da sperimentare perché potremmo sentirne delle belle.