Per una epistemologia della riproduzione dei suoni musicali

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Per una epistemologia della riproduzione dei suoni musicali

Messaggio da leggereda sponsor » 9 ago 2009, 21:02

L'accettazione nei sistemi di riproduzione del suono musicale dell'equipollenza delle cause di errore, della tempo varianza, del fatto che il contenuto è sconosciuto e che il processo fa il contenuto, e di una serie di altre evidenze sperimentali estrapolate in condizioni di ascolto controllato rende a mio avviso impossibile inquadrare la materia nel novero delle scienze classiche, cartesiane, "riduzioniste". Del resto se sospendendo su elastici un cavo si ottengono risultati di ascolto molto significativi, è difficile se non impossibile ricondurre il percepito a una variazione (in questo caso infinitesima) di parametri elettromagnetici "tradizionali": quello che di fatto accade è che è variato il processo nel suo complesso e l'entità apparente della modifica apportata non è in grado di dirci nulla a priori sull'ampiezza di variazione del risultato. L'unica possibilità resta la verifica sperimentale (che presenta di suo incredibili complessità per l'inter-relazione con la fisiologia umana e ad un livello più alto con la creazione di significati).
Qui siamo secondo me a un punto topico, nel senso che occorre di fatto abbandonare l'approccio causale tradizionale, che opera in senso riduzionistico, ovvero con l'obiettivo di semplificare il modello: il modello non è semplificabile oltre un certo limite pena la perdita di specificità, così come il modello di come funzioni una sinapsi e un assone non dice niente su come funziona un cervello. Credo sia necessario introdurre un punto di vista olistico, simile a quello teorizzato da Ilya Progogine per l'irreversibilità nei sistemi complessi (vedere per un primo approccio a questi temi il link http://it.wikipedia.org/wiki/Epistemolo ... ssit%C3%A0).
In quest'ottica mi sembrano del tutto impossibili le "discussioni" e le condivisioni di esperienze se non si chiarisce l'approccio di fondo: se infatti il mio approccio è olistico non potrò mai raggiungere una qualsivoglia forma di dialogo sui termini del problema con chi invece applica uno stretto approccio riduzionista (aggiungo io: storicamente fallimentare perché non ha mai spiegato e governato i fenomeni della riproduzione dei suoni musicali).
In senso olistico, più che i rapporti causali, contano quelle che definirei con un concetto che mi invento in questo momento (ma che non è affatto estraneo ad altre discipline) le "sincronicità", ovvero le analisi delle concomitanze sperimentali tra i fenomeni. E qui mi fermo...
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Re: Per una epistemologia della riproduzione dei suoni musicali

Messaggio da leggereda sponsor » 10 ago 2009, 17:10

Ho rivisto l'intervento precedente per tentare di chiarirlo, trattasi ovviamente di materia molto complessa...
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Re: Per una epistemologia della riproduzione dei suoni musicali

Messaggio da leggereda sponsor » 10 ago 2009, 20:27

Continuando a volare alto, volevo qui accennare alla validità dell'approccio olistico anche dal punto di vista della percezione.
Esiste in particolare tutto un ramo della psicoterapia, la terapia della Gestalt, che si basa sull'approccio olistico e che parte dal presupposto che... (cito da questo sito http://www.nienteansia.it/tipi-di-psico ... perls.html)

"ricerche nel campo della percezione svolte dagli psicologi della Gestalt dimostrano come l'uomo non percepisce le cose come elementi distinti e sconnessi, ma le organizza in insiemi significativi, mediante il processo percettivo. Uno dei concetti basilari di tale approccio è che il tutto è più della somma delle sue parti; esso spiega la modalità del funzionamento di base non solo del processo percettivo, ma anche dell'apparato psichico in generale.
Quando noi osserviamo una figura geometrica, per esempio un quadrato, non lo vediamo come quattro linee e quattro angoli, ma come un oggetto unico. Ecco che l'oggetto, formato da tutte le parti che lo compongono, viene percepito come una totalità in cui il risultato finale è più della somma delle sue parti. La psicologia della Gestalt è dunque una dottrina olistica, ossia si basa sull'idea che le proprietà di un sistema non possano essere spiegate esclusivamente tramite le sue componenti, ma vadano analizzate nella loro interezza. Tale concezione viene applicata all'essere umano, producendo una visione della persona come una totalità più grande e complessa delle parti che la compongono, ossia: corpo, mente, pensieri, sentimenti, immaginario, movimento. La persona è costituita dal funzionamento integrato nel tempo e nello spazio dei vari aspetti del tutto."

Questo per dire che le osservazioni qui fatte nel campo dei suoni musicali non sono affatto campate per aria ma possono avere viceversa degli affascinanti sbocchi verso quella che definirei una "teoria unificata della percezione", che in ultima analisi non è altro che una teoria unificata della struttura psichica dell'essere umano. Siamo insomma in un territorio di confine, complesso ed in gran parte inesplorato.
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Re: Per una epistemologia della riproduzione dei suoni musicali

Messaggio da leggereda baby rattle » 10 ago 2009, 22:49

Il fatto più costitutivo è che l'essere umano può fare più di quello che normalmente pensa, può fare un SALTO, può creare il nuovo.

Il nuovo nella accezione di sponsor ( e naturalmente di chi si occupa di brevetti da quasi trentanni) non è la somma di qualcosa di noto sia pure molto complesso ed articolato è una proiezione verso qualcosa che prima non esisteva, una realtà AGGIUNTA!

La stessa scoperta delle leggi della fisica o di nuovi rapporti funzionali e relazionali all'interno di discipline non numeriche corrisponde ad una creazione del nuovo.

Un problema dei tempi moderni sembra sussistere nella accettazione del nuovo, in questo saremmo molto peggiori di chi rifiutò il fatto che fosse la terra a girare o che non fosse piatta.

Abbinato ad un tasso di credulità che neppure nel far west della pozione magica è mai stato così esteso e profondo si rischia di mangiare le bucce e buttare i fichi, accettare formulazioni semplici e rifiutare lo sforzo di comprensione; in queste condizioni di spirito e di intelletto se qualcuno inventasse la televisione saremmo pesciolini in bocca a pesciolone.
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Re: Per una epistemologia della riproduzione dei suoni musicali

Messaggio da leggereda sponsor » 12 ago 2009, 11:43

Lancio un'altra connessione, per chi volesse approfondire (o magari se qualcuno ha una conoscenza di queste tematiche sarebbe interessante discorrerne). Volevo accennare alla teoria olonomica del cervello di Karl Pribram.
Questa teoria è una spiegazione alternativa al funzionamento del cervello rispetto alla classica teoria basata sul modello "a blocchi", tipica delle architetture di calcolatori (il modello di Von Neumann: CPU, memoria, bus di I/O). Per dirla in parole molto semplici, la teoria olonomica si basa sull'idea che nel cervello le informazioni non siano memorizzate in luoghi fisicamente distinti ed individuabili ma siano in realtà distribuite su tutte il reticolo cerebrale e memorizzate sotto forma "ondulatoria" e ricostruita per pattern interferenziali, come gli ologrammi. Tra la varie fonti disponibili su internet mi è sembrato discretamente ben fatto questo articolo:

http://www.acsa2000.net/bcngroup/jponkp/

La teoria olonomica è stata (in parte) verificata sperimentalmente, nel senso che è stato visto che danni localizzati al cervello non comportano in realtà perdita di informazione specifica (così come in un ologramma nella singola parte è contenuto il tutto, seppure con una specificità e dettaglio informativo minore). L'ipotesi olografica spiegherebbe molto meglio l'enorme cumulo di informazioni che il cervello riesce a memorizzare. Inoltre la struttura "stereo" degli esseri viventi si spiegherebbe molto bene alla luce di questa teoria, dato che la presenza di doppi sensori (occhi, orecchie, ma anche mani) è funzionale, oltre che alla ridondanza, anche alla memorizzazione olografica (si capisce bene facendo riferimento agli ologrammi visivi: è necessario creare uno spettro interferenziale per disporre di un ologramma, e il numero minimo di sorgenti/rivelatori necessario a tal fine è pari a due).
Tornando al nostro interesse specifico, una delle conseguenze molto interessanti di questa teoria, che viene in genere analizzata solo dal punto di vista visivo, è che nel campo sonoro la memoria olografica equivale al fatto che probabilmente il nostro cervello memorizza le sorgenti sonore come soggetti dislocati spazialmente (i famosi "strumenti che suonano"). Al contrario del caso visivo, dove le velocità di propagazione sono dal punto di vista percettivo praticamente infinite e le lunghezze d'onda infinitesime, il suono ha la caratteristica di avere una velocità finita e una lunghezza d'onda di dimensioni paragonabili a quelle specifiche della nostra realtà. Questo complica enormemente il modello perché non di ologramma statico deve trattarsi ma di una sorta di ologramma dinamico, in cui la non contraddizione del fenomeno in atto con la memoria sonora olografica deve conservarsi attimo per attimo e per tutta la durata del fenomeno sonoro. In sostanza deve crearsi nel caso sonoro (rispetto al caso visivo) un probabile ulteriore livello di sincronismo temporale tra il tempo di scorrimento dell'evento sonoro e il tempo cerebrale, definito dalle onde cerebrali (probabilmente le onde alfa).
Agganciandosi alla teoria olonomica di Pribram e all'esperimento di Aspect (che ha verificato come, in una determinata situazione, le particelle sub-atomiche si comportano secondo una sincronicità di eventi spiegabile solo con il fatto che appartengono a una medesima realtà unitaria sottostante non percepibile), il fisico David Bohm arrivò a formulare la congettura che la realtà oggettiva così come la conosciamo non esiste, ma sia solo un modello olografico così come viene rappresentato dal nostro cervello: punto di vista che ha avuto comunque nella storia della filosofia i suoi sostenitori (mi vengono in mente Berkeley e Leibniz).
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Re: Per una epistemologia della riproduzione dei suoni musicali

Messaggio da leggereda baby rattle » 13 ago 2009, 23:32

sponsor ha scritto:Lancio un'altra connessione, per chi volesse approfondire (o magari se qualcuno ha una conoscenza di queste tematiche sarebbe interessante discorrerne). Volevo accennare alla teoria olonomica del cervello di Karl Pribram.
Questa teoria è una spiegazione alternativa al funzionamento del cervello rispetto alla classica teoria basata sul modello "a blocchi", tipica delle architetture di calcolatori (il modello di Von Neumann: CPU, memoria, bus di I/O). Per dirla in parole molto semplici, la teoria olonomica si basa sull'idea che nel cervello le informazioni non siano memorizzate in luoghi fisicamente distinti ed individuabili ma siano in realtà distribuite su tutte il reticolo cerebrale e memorizzate sotto forma "ondulatoria" e ricostruita per pattern interferenziali, come gli ologrammi. Tra la varie fonti disponibili su internet mi è sembrato discretamente ben fatto questo articolo:

http://www.acsa2000.net/bcngroup/jponkp/

La teoria olonomica è stata (in parte) verificata sperimentalmente, nel senso che è stato visto che danni localizzati al cervello non comportano in realtà perdita di informazione specifica (così come in un ologramma nella singola parte è contenuto il tutto, seppure con una specificità e dettaglio informativo minore). L'ipotesi olografica spiegherebbe molto meglio l'enorme cumulo di informazioni che il cervello riesce a memorizzare. Inoltre la struttura "stereo" degli esseri viventi si spiegherebbe molto bene alla luce di questa teoria, dato che la presenza di doppi sensori (occhi, orecchie, ma anche mani, piedi) è funzionale alla memorizzazione olografica (si capisce bene facendo riferimento agli ologrammi visivi: è necessario creare uno spettro interferenziale per disporre di un ologramma, e il numero minimo di sorgenti/rivelatori necessario a tal fine è pari a due).
Tornando al nostro interesse specifico, una delle conseguenze molto interessanti di questa teoria, che viene in genere analizzata solo dal punto di vista visivo, è che nel campo sonoro la memoria olografica equivale al fatto che probabilmente il nostro cervello memorizza le sorgenti sonore come soggetti dislocati spazialmente (i famosi "strumenti che suonano"). Al contrario del caso visivo, dove le velocità di propagazione sono dal punto di vista percettivo praticamente infinite e le lunghezze d'onda infinitesime, il suono ha la caratteristica di avere una velocità finita e una lunghezza d'onda di dimensioni paragonabili a quelle specifiche della nostra realtà. Questo complica enormemente il modello perché non di ologramma statico deve trattarsi ma di una sorta di ologramma dinamico, in cui la non contraddizione del fenomeno in atto con la memoria sonora olografica deve conservarsi attimo per attimo e per tutta la durata del fenomeno sonoro. In sostanza deve crearsi nel caso sonoro (rispetto al caso visivo) un probabile ulteriore livello di sincronismo temporale tra il tempo di scorrimento dell'evento sonoro e il tempo cerebrale, definito dalle onde cerebrali (probabilmente le onde alfa).
Agganciandosi alla teoria olonomica di Pribram e all'esperimento di Aspect (che ha verificato come, in una determinata situazione, le particelle sub-atomiche si comportano secondo una sincronicità di eventi spiegabile solo con il fatto che appartengono a una medesima realtà unitaria sottostante non percepibile), il fisico David Bohm arrivò a formulare la congettura che la realtà oggettiva così come la conosciamo non esiste, ma sia solo un modello olografico così come viene rappresentato dal nostro cervello: punto di vista che ha avuto comunque nella storia della filosofia i suoi sostenitori (mi vengono in mente Berkeley e Leibniz).



Sbaglio o si scivola sul funzionamento multi tasking del cervello?

Di sessioni aperte ce ne sono almeno due!
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Re: Per una epistemologia della riproduzione dei suoni musicali

Messaggio da leggereda baby rattle » 14 ago 2009, 8:38

Non ho conoscenza di teorie neurali ne tantomeno posso mettere a confronto diverse teorie io ho però la presunzione di farne a meno per una serie di motivi:

la grande dispersione e confusione e suggestione che nozioni non organizzate sistematicamente possono produrre (non è certo il caso di sponsor che conosco personalmente)

la difficoltà di traslare in uno specifico, il suono musicale, che dovrebbe essere trainante e non rimorchio per indagare sui meccanismi di formazione della realtà (creazione; la musica è CREAZIONE dell'essere umano) e della sua elaborazione manipolazione

la non inerenza di fatti di fisiologia con fatti di funzionalità, cosa che riguarda invece i riparatori dei danni cerebrali

la descrivibilità dei processi a prescindere dalla attribuzione a chi li compie: neuroni etc.

L'essere umano CREA, COSTRUISCE (sono due cose diverse) una realtà e la elabora, io comincerei a fissare alcuni punti fondamentali per cui egli può operare:

limitazione in banda dei segnali che rileva e acquisisce

scorrimento unidirezionale del tempo interno (non sempre il meccanismo funziona correttamente) per poter costruire col requisito della congruenza.

Fermiamoci ad esaminare questo ultimo punto, perchè l'essere umano per costruire una realtà ha bisogno della congruenza?

congruenza di cui l'ordine sequenziale è una componente manipolabile.

E' la struttura interna che non può funzionare senza o è una categoria SOVRAIMPOSTA per qualche scopo NON NOTO?

Non è necessario RAGIONARE per vivere, vedasi il mondo animale e vegetale, tantomeno non è necessario ragionare con logica , vedesi il mondo umano, quale è la risposta PRIMA alla domanda del perchè il cervello si è organizzato come noi lo conosciamo?

(nulla cambia ai fini del discorso se ce lo ha organizzato il Creatore o se è frutto dell'evoluzione).


I motivi sembrano essere edonistici (piacere, riconoscersi viventi) , utilitaristici (conservazione, perpetuazione della specie, dominio di specie ed esistenziale fino alla equiparazione alla divinità).

Le informazioni quindi dovrebbero essere organizzate e richiamabili per tali fini e quindi debbono avere una organizzazione GERARCHICA di valore, cosa che non ha nulla a che vedere con gli schemi funzionali, neurali o altro, come si attribuisce allora il valore a quanto entra e prima ancora come si seleziona cosa deve entrare?

E qui mi fermo ribadendo che sono speculazioni non scientificamente organizzate ma solo stimoli di riflessione mirati alla questione suono musicale.
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Re: Per una epistemologia della riproduzione dei suoni musicali

Messaggio da leggereda baby rattle » 14 ago 2009, 9:46

L'essere umano organizza le informazioni dandogli un codice temporale, l'anno scorso, dieci anni fa, l'altro ieri etc.
questa è una GERARCHIA ed un codice di ricerca quindi l'attività cerebrale è basata sull'organizzazione temporale delle info.

C'è qualche studio in proposito sul come cioè si connette e si sbobina temporalmente ?

Tutte le info relative alla sicurezza personale sembrano essere organizzate in un supporto di rapido ed automatico accesso, reazioni automatiche, memoria di razza animale, vigilanza continua etc.

Altra organizzazione gerarchica sembra essere costituita per LUOGHI, altra per relazione interpersonale: affetti, rapporti di lavoro, rapporti di qualsivoglia tipo.

Quante categorie di organizzazione e quali interrelazioni si statuiscono al momento dell'acquisizione o facendo GIRARE le info per interallacciarle e creare connessioni logiche o meno?

Oltre l'informazione in se sembra come se venissero associate informazioni di correlazione tra le varie categorie gerarchicamente organizzate.

Sembra che una qualche attività di lavoro per cercare o stabilire interrelazioni avvenga (possa avvenire) in automatico ed in back-ground ovvero inconsapevolmente per cui il risultato associativo è imprevedibile fino alla CREAZIONE del nuovo, di alcunchè che non esisteva prima.
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Re: Per una epistemologia della riproduzione dei suoni musicali

Messaggio da leggereda sponsor » 15 ago 2009, 9:46

baby rattle ha scritto:Non ho conoscenza di teorie neurali ne tantomeno posso mettere a confronto diverse teorie io ho però la presunzione di farne a meno per una serie di motivi:

la grande dispersione e confusione e suggestione che nozioni non organizzate sistematicamente possono produrre (non è certo il caso di sponsor che conosco personalmente)

la difficoltà di traslare in uno specifico, il suono musicale, che dovrebbe essere trainante e non rimorchio per indagare sui meccanismi di formazione della realtà (creazione; la musica è CREAZIONE dell'essere umano) e della sua elaborazione manipolazione

la non inerenza di fatti di fisiologia con fatti di funzionalità, cosa che riguarda invece i riparatori dei danni cerebrali

la descrivibilità dei processi a prescindere dalla attribuzione a chi li compie: neuroni etc.


Anche la mia conoscenza al riguardo è limitata, ed effettivamente in questo thread ho lanciato alcuni argomenti che mi stanno a cuore e che rincorro come approfondimenti personali al di fuori del percorso audio. Anche dal mio punto di vista la formazione della percezione sonora dovrebbe essere un argomento basilare di questo tipo di speculazioni.

A maggior chiarimento volevo comunque dire che la teoria olonomica cerebrale separa del tutto il funzionamento fisiologico del cervello dalle sue attribuzioni e peculiarità funzionali. In questa teoria infatti non è tanto importante come è fatto il "reticolo" cerebrale dal punto di vista fisico. Ogni essere umano ne avrà uno completamente diverso da quello di qualcun altro ma questo non impedisce a nessuno l'apprendimento o la funzionalità percettiva. L'ipotesi olonomica dice che, dato un reticolo sufficientemente complesso, questo è in grado di conservare le informazioni sotto forma di impulsi cerebrali che "circolano" continuamente al suo interno e che "risuonano" con le informazioni portate dai sensi fino a creare nuove forme ondulatorie o il riconoscimento di forme già apprese in passato. Le informazioni non sono quindi staticamente conservate ma vivono nella continua dinamica del reticolo, attraversato da impulsi elettrici. La forma di rappresentazione sarebbe affine a quella di un ologramma, quindi si genererebbe per onde elettriche cerebrali interferenti. Da questo punto di vista non ci sarebbe alcuna forma di multitasking statico, ma la possibilità di multitasking dinamico anche nel senso di numerosità dei "task" (ma direi meglio: non task ma forme ondulatorie "concorrenti" a formare il pattern interferenziale, l'ologramma rappresentativo). Da notare anche come questa teoria risolva in modo elegante il problema dell'apprendimento, e spieghi anche come sia possibile apprendere nuove informazioni in una situazione in cui il reticolo "fisico" di neuroni di fatto non evolve (sappiamo che dopo una certa età le cellule cerebrali non solo non si rinnovano più, ma i neuroni muoiono in numero significativo nel tempo: come sarebbe allora possibile che si possa continuare il processo di apprendimento se ci fosse un meccanismo "statico" di immagazzinamento dell'informazione?).

L'argomento è di enorme interesse e andrebbe allargato anche ad altri sistemi complessi che, come il cervello, mostrano stupefacenti capacità di auto-organizzazione (ad esempio formicai, alveari, ecosistemi, galassie). Il principio auto-organizzativo, che sembra sfuggire, in realtà è molto semplice ed è quello individuato da Charles Darwin, ovvero è il principio evolutivo (sopravvivenza del più "forte") che agisce rispetto ad un ambiente esterno, che pone alcuni vincoli ben precisi. A chi fosse interessato consiglio di leggere un libro di Gregory Bateson intitolato "Verso un'ecologia della mente", dove il cervello viene appunto rappresentato come un sistema ecologico in cui le idee "combattono" per affermarsi in senso evoluzionistico rispetto ad un vincolo che è dato dalla "realtà esterna", così come portata dal sistema percettivo, e da quanto "appreso" in passato (annegando in questa accezione generica anche l'inconscio).

Tornando al suono musicale, la conseguenza che trovo più interessante dell'ipotesi olonomica è che il suono stesso non può essere rappresentato nel nostro cervello se non come appartenente al suo "spazio" e al suo "tempo". Quindi tradurrei definitivamente l'espressione "alta fedeltà" con "riconoscimento del suono nel tempo come appartenente allo spazio in cui è stato generato". Su questo riconoscimento si possono poi innestare le sovrastrutture culturali, che permettono di "transitare" dal suono riconosciuto come "possibile" al suo significato emotivo.
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Re: Per una epistemologia della riproduzione dei suoni musicali

Messaggio da leggereda baby rattle » 16 ago 2009, 10:06

sponsor ha scritto:
baby rattle ha scritto:Non ho conoscenza di teorie neurali ne tantomeno posso mettere a confronto diverse teorie io ho però la presunzione di farne a meno per una serie di motivi:

la grande dispersione e confusione e suggestione che nozioni non organizzate sistematicamente possono produrre (non è certo il caso di sponsor che conosco personalmente)

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la non inerenza di fatti di fisiologia con fatti di funzionalità, cosa che riguarda invece i riparatori dei danni cerebrali

la descrivibilità dei processi a prescindere dalla attribuzione a chi li compie: neuroni etc.


Anche la mia conoscenza al riguardo è limitata, ed effettivamente in questo thread ho lanciato alcuni argomenti che mi stanno a cuore e che rincorro come approfondimenti personali al di fuori del percorso audio. Anche dal mio punto di vista la formazione della percezione sonora dovrebbe essere un argomento basilare di questo tipo di speculazioni.


Lo studio della formazione della sensazione sonora, a causa del tempo di scorrimento e di esistenza ed i problemi di congruenza che pone, diversamente dalla vista e dagli altri organi di acquisizione del mondo esterno (la realtà è solo quella che si forma all'interno), può aiutare la comprensione del funzionamento del cervello.

A maggior chiarimento volevo comunque dire che la teoria olonomica cerebrale separa del tutto il funzionamento fisiologico del cervello dalle sue attribuzioni e peculiarità funzionali. In questa teoria infatti non è tanto importante come è fatto il "reticolo" cerebrale dal punto di vista fisico. Ogni essere umano ne avrà uno completamente diverso da quello di qualcun altro ma questo non impedisce a nessuno l'apprendimento o la funzionalità percettiva.

Ogni affermazione differente da questa mi sembrerebbe infondata.


L'ipotesi olonomica dice che, dato un reticolo sufficientemente complesso, questo è in grado di conservare le informazioni sotto forma di impulsi cerebrali che "circolano" continuamente al suo interno e che "risuonano" con le informazioni portate dai sensi fino a creare nuove forme ondulatorie o il riconoscimento di forme già apprese in passato. Le informazioni non sono quindi staticamente conservate ma vivono nella continua dinamica del reticolo, attraversato da impulsi elettrici. La forma di rappresentazione sarebbe affine a quella di un ologramma, quindi si genererebbe per onde elettriche cerebrali interferenti.

Questa formulazione contraddice la stessa teoria olonomica descrivendo entità ed assegnando loro delle funzioni e degli effetti.

Da questo punto di vista non ci sarebbe alcuna forma di multitasking statico, ma la possibilità di multitasking dinamico anche nel senso di numerosità dei "task" (ma direi meglio: non task ma forme ondulatorie "concorrenti" a formare il pattern interferenziale, l'ologramma rappresentativo).

Idem.

Da notare anche come questa teoria risolva in modo elegante il problema dell'apprendimento, e spieghi anche come sia possibile apprendere nuove informazioni in una situazione in cui il reticolo "fisico" di neuroni di fatto non evolve (sappiamo che dopo una certa età le cellule cerebrali non solo non si rinnovano più, ma i neuroni muoiono in numero significativo nel tempo: come sarebbe allora possibile che si possa continuare il processo di apprendimento se ci fosse un meccanismo "statico" di immagazzinamento dell'informazione?).

L'argomento è di enorme interesse e andrebbe allargato anche ad altri sistemi complessi che, come il cervello, mostrano stupefacenti capacità di auto-organizzazione (ad esempio formicai, alveari, ecosistemi, galassie). Il principio auto-organizzativo, che sembra sfuggire, in realtà è molto semplice ed è quello individuato da Charles Darwin, ovvero è il principio evolutivo (sopravvivenza del più "forte") che agisce rispetto ad un ambiente esterno, che pone alcuni vincoli ben precisi. A chi fosse interessato consiglio di leggere un libro di Gregory Bateson intitolato "Verso un'ecologia della mente", dove il cervello viene appunto rappresentato come un sistema ecologico in cui le idee "combattono" per affermarsi in senso evoluzionistico rispetto ad un vincolo che è dato dalla "realtà esterna", così come portata dal sistema percettivo, e da quanto "appreso" in passato (annegando in questa accezione generica anche l'inconscio).


L'autoorganizzazione non può che derivare da gerarchie preesistenti o create ex novo da una conoscenza che non necessariamente deve essere cosciente, conoscenza che è appunto selezione di nuove congruenze.
L'informazione acquisita dai sensi sembra essere corredata, prima della collocazione in situ, da uno sciame di codici di posizionamento temporale, di classificazione di genere, di circuiti di transito possibili e di circuiti sbarrati al passaggio, di chiavi di apertura/accesso e chiavi di chiusura, di codici di verifica di congruenza alcuni modificabili altri imperativi assoluti che non consentono la loro manipolazione.




Tornando al suono musicale, la conseguenza che trovo più interessante dell'ipotesi olonomica è che il suono stesso non può essere rappresentato nel nostro cervello se non come appartenente al suo "spazio" e al suo "tempo". Quindi tradurrei definitivamente l'espressione "alta fedeltà" con "riconoscimento del suono nel tempo come appartenente allo spazio in cui è stato generato". Su questo riconoscimento si possono poi innestare le sovrastrutture culturali, che permettono di "transitare" dal suono riconosciuto come "possibile" al suo significato emotivo.



E questa è una bella definizione, complimenti!

Resta l'alea della inindagabilità degli errori, è il processo che fa il contenuto, e resta aperto il problema della valutazione del grado di "appartenenza allo spazio in cui è stato generato" ma la definizione smuove le acque stagnanti della osservabilità del suono riprodotto.
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