baby rattle ha scritto:...
Quando siamo cioè nello stesso tempo giudici e creatori del giudicato!
in una condizione di isolamento esistenziale nella quale nessuno al mondo conosce quello che accade dentro di noi.
Siamo cioè di fronte a questo dilemma: la realtà che abbiamo creato con le nostre scelte ci piace oppure no?
Perchè e fino a quando, emettiamo cioè giudizi sotto condizione (come quando si da consenso viziato ad un matrimonio)?
Non è psicologia, è epistemologia della riproduzione dei suoni ovvero verifica delle condizioni per cui si possa fare scienza della riproduzione dei suoni musicali per la quale occorre la riduzione massima del rumore di fondo "ambientale " e di errori sistematici nella formulazione del giudizio di valore, senza di che niente scienza!
Non vedo alcuna strada alternativa alla creazione di una "scuola", in cui vengano tenute vive e tramandate non solo le capacità di giudizio estetico sul suono musicale, ma le conseguenti "tecniche" per la sua creazione. Qui c'è da fare una grande distinzione: la strada che porta alla "musica" passa per il "suono musicale", ma le due cose non coincidono.
Per dare un giudizio di valore sulla musica occorre che il suono musicale (che di quella è la condizione di esistenza) sia preservato in tutte le sue sfumature e ricchezze coloristiche e sintattiche.
Purtroppo, come detto molte altre volte, esiste oggi un evidente problema culturale sul suono musicale, la sua preservazione, la sua trasmissione, la sua creazione, la sua "giustezza", la sua riconoscibilità. Questa perdita di memoria collettiva affligge perfino la prestazione dal vivo, figuriamoci la riproduzione.