Marco Lincetto 15. May (May 15 08:42PM )
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LA RELATIVITA’
di
M.Lincetto
Da sempre ritengo che l’argomento della nostra passione sia molto legato alle regole della relatività. Nel senso che penso esistano pochi ambiti dell’umano sapere, dell’umana passione, più legati ad una visione soggettiva di quanto non sia il nostro, ovvero quello della riproduzione (e della registrazione) della musica. Financo della Musica stessa, in sé e per sè.
E’ senz’altro facile, e legittimo, asserire “mi piace – non mi piace”; è più difficile argomentarlo, questo giudizio. E’ infine difficilissimo cercare di stabilire, in modo ineluttabile e scientificamente corretto, i confini del buono e del cattivo, in una visione a 360° della materia.
Per quanto riguarda ad esempio i singoli oggetti della meccanica o dell’elettronica deputati alla riproduzione od alla registrazione della Musica potrà essere relativamente semplice, da parte di un professionista esperto, valutarne una bontà oggettiva legata alle caratteristiche costruttive, ovvero al maggiore o minore pregio dei materiali utilizzati, alla maggiore o minore bontà del progetto tecnico utilizzato per l’assemblaggio, infine alla qualità dell’assemblaggio stesso. Sappiamo però che anche una volta verificata l’eccellenza di tutti questi parametri in gioco, ancora non saremo riusciti a stabilire una regola, una gradazione esatta della maggiore o minore qualità del suono riprodotto da tali macchine.
E’ proprio a questo punto che sopraggiunge il concetto di relatività applicato al nostro ambito. Relatività legata innanzitutto al bagaglio culturale ed alle esperienze personali di chi si pone al cospetto, all’ascolto, del medesimo oggetto. Il mio percorso di vita infatti potrà portarmi a preferire determinate caratteristiche di un suono, diverse da quelle di un’altra persona. L’esempio più eclatante che si può portare è proprio quello di due appassionati di musica, di cui uno abituale frequentatore di concerti ed uno no. In entrambi i casi può essere giusta e legittima la posizione di entrambi, nel preferire un suono più presente o più ambientato, una timbrica più brillante oppure più morbida, una maggiore ricchezza di dettaglio, piuttosto che una visione d’insieme più ampia ed avvolgente (un grande musicista del passato, quale fu Glenn Gould, ad un certo punto della sua carriera abbandonò le sale da concerto a favore del disco, valutando quell’ambito di azione come il migliore possibile e favorendo anche un particolare approccio alla registrazione, tale da rendere la resa delle sue interpretazioni su disco abbastanza differente da quanto ascoltabile in una sala da concerto).
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"Baby, Light My Fire!"
Marco Lincetto 15. May (May 15 08:43PM )
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Ecco quindi che quando mi si chiede, come spesso accade, una valutazione su questa o quella registrazione, su questo o quell’evento, mi capita sempre più spesso di trovarmi in grande imbarazzo nel proporre un giudizio, che come ogni giudizio può creare uno spartiacque troppo definitivo, e magari non voluto, fra ciò che è bene e ciò che è male (appunto…).
Mi resta quindi, come arma ultima, il cercare di spiegare semplicemente perché, magari, si raggiunge un certo risultato, apprezzabile da alcuni, disdicevole da altri. E questo perché ritengo che nel mondo professionale esista molta più sincerità e serenità d’approccio di quanto alcune volte non si voglia intendere e/o far credere da parte di alcuni appassionati.
Intendo dire che, quasi sempre, dietro ad un risultato apparentemente negativo agli occhi (…alle orecchie…) di qualcuno, esistono motivazioni ben precise e spesso legate all’esigenza di creare un prodotto ad hoc per un determinato tipo di cliente, che evidentemente non sarà colui che propone la critica.
E’ quindi proprio questo il topic del mio presente articolo e dei prossimo che mi auguro di proporre su queste colonne: cercare di iniziare a far capire cosa sta dietro determinate scelte produttive. Ovviamente cercherò di farlo parlando di ciò che conosco meglio, ovvero il mondo della registrazione professionale. Sempre convinto che il ragionamento di fondo sia applicabile anche ai costruttori di diffusori, piuttosto che di amplificatori o sorgenti o accessori vari.
Cominciamo la nostra analisi, parlando dei dischi cosiddetti “commerciali”, spesso oggetto di feroci critiche tecniche da parte del mondo audiophile.
E’ oggi quasi impossibile accontentare tutti gli appassionati. Proprio perché ormai esiste una gamma troppo vasta e differente di modalità di proposta di un progetto musicale e di modalità di ascolto del medesimo progetto una volta realizzato. E’ ad esempio assolutamente innegabile che un conto è ascoltare un disco nel silenzio del nostro ambiente privato, di fronte ad un raffinato e ben tarato impianto di riproduzione, ben altro invece ascoltare, magari pure con attenzione, un disco attraverso un portatilone all-in-one in spiaggia sotto l’ombrellone.
Viceversa, un conto è raggruppare un gruppo di musicisti, classici, jazz, etc. etc., su un palco ideale (che può essere anche la grande sala di uno studio di registrazione), farli suonare tutti insieme e documentare l’evento, ben altro costruire a tavolino un ben preciso progetto ricco di dettagli ben definiti, che corrisponde al disegno di uno o più creativi che vogliono raggiungere un risultato esatto, a prescindere dalle variabili tipiche di un’esecuzione live, magari utilizzando sonorità, funzionali al progetto creativo, non ottenibili se non con tecniche ad hoc non riproducibili nel corso di un evento live.
Chi si può permettere in tutta onestà di asserire che un modo di quelli enunciati è giusto ed uno sbagliato? Penso nessuno, francamente. Ecco quindi la necessità di capire, per poter meglio e più serenamente scegliere quanto a ciascuno di noi risulti più consono.
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Marco Lincetto 15. May (May 15 08:44PM )
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Cominciamo il ragionamento enunciando alcune problematiche di base che si propongono al produttore (a ciascun produttore di ogni genere musicale più diverso):
1 - realtà oggettiva del suono da documentare;
2 – realtà relativa, legata all’interpretazione di ciascun differente artista;
3 - interpretazione del suono da parte del sound engineer;
4 - tipologia dell'ascoltatore a cui la determinata registrazione è destinata.
Nel caso di un disco commerciale.
Possiamo dire che nella grande maggioranza dei casi, un disco di musica leggera destinato ai grandi circuiti non è quasi mai basato sulla ripresa di un gruppo di musicisti che suona hic et nunc, in diretta o quasi. Le produzioni pop sono, come si dice, "prodotte" ovvero esiste un'idea di suono a priori ed a prescindere dai musicisti, che deve essere realizzata, al punto che, in realtà, la produzione è divisa in alcune ben precise fasi: la pre-produzione, la registrazione e la post-produzione, a sua volta suddivisa in editing, missaggio e mastering.
La pre-produzione consiste nella composizione dei brani (scrittura) che oggi di solito si realizza al computer con l'ausilio di una tastiera elettronica ed un software quale, fra i più diffusi, LOGIC 7. In tale contesto il produttore, insieme al compositore quando c’è, studia a tavolino ogni suono, lo simula con il computer (compresi i suoni di eventuali strumenti reali che si deciderà di utilizzare, tipo basso, batteria, sax, etc.) e lo registra in un file multitraccia, detto guida. Terminata questa lunga fase, che di solito viene realizzata a casa del produttore stesso, si va in studio con tutti i brani di fatto già registrati sulle tracce guida, con definito anche il "tempo" esatto, tramite il cosiddetto "click", pure registrato su una delle tracce guida, ovvero un impulso metronomico a cui tutti gli interpreti reali dovranno attenersi e che normalmente viene fatto sentire loro in cuffia assieme alle altre tracce guida.
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Marco Lincetto 15. May (May 15 08:44PM )
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4 - continuaSì perchè la registrazione vera e propria avviene così, cioè si scelgono di solito alcuni musicisti professionisti (in gergo definiti “turnisti”) a cui di demanda la realizzazione delle singole parti musicali, alla luce del fatto che spesso l’artista da produrre non è un gruppo, una band, ma un solista. Si convocano quindi questi musicisti in studio in tempi differenti, anche al fine di ottimizzare i costi di produzione, riducendo il margine di rischio d’errore legato ad un gruppo di persone che suonano insieme, senza la necessaria familiarità legata ad una assidua frequentazione, tipica di una “band”, ad esempio.
Di solito si parte dalla ritmica, prima batteria e poi basso, per giungere alla voce come ultima traccia registrata. I più arditi a volte osano far suonare basso e batteria insieme, pur in sale separate, mentre i più maniacali arrivano a far suonare, ad esempio, la batteria spezzata in più momenti, tipo prima rullante e cassa, poi tutto il resto.
Un tempo si preferiva scegliere per la ripresa sale dotate della minor quantità possibile di riverbero naturale, e quindi di precisa personalità acustica predefinita, proprio per poter fino all’ultimo correggere la sonorità in funzione di quanto immaginato dal produttore, utilizzando riverberi artificiali altrimenti non raggiungibili. Oggi, sempre più, si è superato questo approccio e si va alla ricerca di studi di registrazione dotati di un preciso “ritorno” di suono, ovvero di una precisa personalità acustica, che evidentemente verrà scelta a priori dal produttore, comunque in base all’idea precostituita del suono che ciascuno deciderà di adottare per quel determinato disco.
Nella pratica, quindi si procede così: si manda in cuffia ai singoli interpreti, che registreranno da soli ed in tempi differenti, le tracce guida realizzate nella fase di preproduzione già mixate secondo un determinato equilibrio, fatta esclusione per la traccia da realizzare in quel preciso momento dal musicista in sala. Di solito via via che si aggiungono strumenti reali, si tende a far sentire ai musicisti che intervengono successivamente gli strumenti veri sommati alle tracce virtuali residue, fino a giungere alla voce o al solista, che proporrà la propria interpretazione ascoltando non già alcuna traccia virtuale, ma l’insieme degli strumenti reali, già realizzati.
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znorterz 15. May (May 15 08:45PM )
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...in attesa dei graditi "suoi" interventi, Le ricordo che non deve assolutamente difendersi.
Sono solo mie impressioni...siamo in un forum di appassionati
http://forum.videohifi.com/profile/mypr ... 7/znorterzIl Rock&Cultura&Tutto in una parola(l'ultima)??? "NEVER MIND THE BOLLOCKS HERE'S THE SEX PISTOLS"
Marco Lincetto 15. May (May 15 08:45PM )
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Terminata la ripresa si passa all’editing di quanto registrato, ovvero all’assemblaggio delle parti migliori, al preciso riallineamento temporale di ciascun interprete con ciascun altro, correggendo eventuali imprecisioni dei singoli grazie a dedicati programmi software di solito presenti all’interno delle moderne workstation digitali (una volta, ai tempi del registratore analogico, questa procedura era realizzata con forbici e cutter… e forse ancora alcuni lo fanno…). Senz’altro la più universalmente diffusa nel mondo è Pro Tools, un autentico standard mondiale, che utilizza file PCM, sempre più spesso in alta risoluzione 24bit/192kHz, non compressi, in formato AIFF. Incidentalmente è la medesima macchina utilizzata per la ripresa, quasi sempre.
Questa fase può essere più o meno lunga e quindi più o meno costosa, in funzione della bravura degli interpreti scelti. E’ capitato in alcuni casi di dover dedicare anche settimane per queste lavorazioni: un caso eclatante capitato al mio amico e socio Andrea Valfrè, fu quello di essere ingaggiato per realizzare l’editing della batteria di un disco di un gruppo pop italiano molto famoso che vendette più di un milione di copie. Andrea dedicò esattamente due settimane, a 8 ore al giorno, per riallineare esattamente al click del progetto ogni singolo – un po’ maldestro ed impreciso – colpo suonato dal batterista.
Terminato l’editing, si passa al missaggio. In questa fase il produttore realizzerà finalmente il sound che fin dal primo momento creativo aveva programmato. E lo farà utilizzando tutta una serie di aiuti elettronici, digitali ed analogici, offerti da equalizzatori, compressori dinamici ed unità di riverbero. Anche questa fase può essere più o meno lunga e costosa, in funzione della chiarezza o meno delle idee del produttore e della maggiore o minore conoscenza delle macchine da utilizzare. In questo caso la presenza di un ottimo operatore molto ben preparato da un punto di vista tecnico può essere di grande e fondamentale aiuto per la migliore riuscita del missaggio. Contrariamente a quanto si possa immaginare, soprattutto in questa fase, spesso gli operatori non si pongono minimamente problemi di principio sul fatto di mescolare tranquillamente macchine analogiche e digitali, e di conseguenza convertire e riconvertire più volte il segnale digitale originariamente acquisisto, avendo in mente solo ed esclusivamente il risultato sonoro da raggiungere: quasi sempre anzi, un disco pop viene mixato in dominio analogico pur provenendo da riprese native digitali, utilizzando però spesso banchi di missaggio di reale e significativa qualità assoluta (quali NEVE, SSL, SOUNDCRAFT, etc), tale da superare, in scioltezza, eventuali problemi legati alla doppia, tripla, quadrupla conversione.
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Marco Lincetto 15. May (May 15 08:46PM )
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6 - continuaEccoci infine giunti all’ultima delicatissima fase di produzione denominata mastering. Una volta approvato il bilanciamento finale si riuniscono i file stereofonici di ciascun brano e ci si sposta nello studio di mastering, che quasi sempre è esterno e differente dallo studio in cui si è realizzata la produzione ed è gestito da un tecnico, oserei dire da un “autore”, differente da chi ha operato fino a quel momento. In questo frangente si decideranno gli equilibri finali, soprattutto in termini dinamici, ma anche a volte timbrici, di ciò che verrà ascoltato da parte degli utenti finali. A volte si può considerare come una sorta di “tribunale d’appello”, per correggere eventuali problemi residui non risolti in sede di missaggio.
E’ proprio qui che si decide la sorte reale del disco: è evidente che è proprio qui che si deve valutare con grande attenzione quale sarà il destinatario tipo finale del disco, posto che, come dicevo all’inizio è abbastanza difficile, se non impossibile, accontentare tutti. E le differenze non stanno solo fra audiophile e non audiophile. Abbastanza spesso una produzione dotata di buon budget deciderà, ad esempio, di realizzare due differenti master, uno destinato alla programmazione in radiofonia ed un altro per stampa dei dischi destinati al pubblico. Questo perché oggi in radio si tende a proporre musica fortemente compressa, che suoni “forte”, più forte del jingle pubblicitario che precede o segue la programmazione del brano stesso…
Alla fine di questa forse un po’ lunga dissertazione mi sento di poter trarre alcune conclusioni che spero possano essere condivisibili.
E’ giusto dire che un disco suona male a priori? Penso di no. E’ però doveroso e necessario sapere bene cosa si sta acquistando, per quale principale destinazione d’utilizzo è stato prodotto il disco (utilizzando a questo scopo senz’altro il buon senso ed anche la necessaria informazione, compreso, perché no, anche un articolo come questo). L’ultimo disco di Laura Pausini, per fare un esempio concreto, trovo suoni piuttosto bene se riprodotto da piccoli sistemi portatili, nell’autoradio della macchina, nei passaggi televisivi della domenica pomeriggio da Pippo Baudo… però se lo si ascolta con un minidiffusore di grande pregio, pilotato da un sofisticato sistema valvolare, metterà a nudo caratteristiche di sgradevolezza marcata: per il semplice fatto che l’acquirente tipo di questo disco, PURTROPPO, e sottolineo con forza questa parola, non usa tali sistemi di riproduzione, ma i primi che ho citato.
Viceversa risulta quasi sempre fastidioso ascoltare una sinfonia di Beethoven in macchina o in spiaggia, esattamente per gli speculari motivi opposti a quelli finora enunciati. Ma di questo parleremo nelle prossima puntata.
Mi permetto di concludere questo mio primo intervento, invitando tutti a riflettere sempre molto quando si formula un giudizio nella materia del nostro ambito di comune passione. Soprattutto tenendo sempre presente che dietro ciascun serio professionista (che reputo essere la grande maggioranza) esistono serissime e fondatissime motivazioni alla base di ciascuna scelta compiuta.
FINE PRIMO ARTICOLO
"Baby, Light My Fire!"