Finché non sono chiare queste banalità io personalmente non riesco a capire di cosa si parla, sempre con buona pace di chi ha scritto sopra o dei vari Scardamaglia di turno.
Saluti
Michele
Ricordo reazioni furiose, ma nessuna smentita credibile
F.C.
Mi prendo il merito di essere stato il primo ed unico a scrivere che i famosi EISA Awards altro non sono che pagine pubblicitarie acquistate in blocco da un numero di aziende in accordo tra loro e pagate intorno a centomila Euro l'anno...
Ricordo reazioni furiose, ma nessuna smentita credibile (anche perché la mia fonte era un Direttore di rivista...)
Saluti
F.C.
Nel 1976 risuona lo pseudonimo Antelope Cobbler, personaggio rimasto senza identità nei documenti sullo scandalo Lockheed nonostante le indagini
Nel 1976 risuona lo pseudonimo Antelope Cobbler, personaggio rimasto senza identità nei documenti sullo scandalo Lockheed nonostante le indagini
antelope cobbler
Giovanni Leone
Tra i protagonisti delle indagini condotte per far luce sullo scandalo Lockheed emerge prepotente il ruolo di Antelope Cobbler. Questo nome in codice, traduzione in “antilope ciabattino” identifica il misterioso personaggio ago della bilancia nei rapporti tra l’imponente società statunitense e i destinatari (acquirenti) delle tangenti pagate durante le trattative concernenti la vendita degli aerei da trasporto tattico militare Hercules C-130. Attraverso le conclusioni cui perviene la commissione d’inchiesta, confermate dall’analisi dei libri neri custoditi dalla stessa Lockheed, è stato possibile decriptare il ruolo e le finalità di Antelope Cobbler. Nelle trattative con l’Italia il nome in codice identificherebbe la figura del Presidente del Consiglio, l’autorità che avrebbe avuto il potere ultimo decisionale sull’acquisto. I dati in possesso e i riferimenti temporali della vicenda sommersa hanno consentito di indicare un range talmente ampio da non poter identificare l’unico vero responsabile.
“Antelope” si nasconde dietro uno dei tre i Presidenti del Consiglio ipoteticamente coinvolti nella vicenda, ovvero Giovanni Leone, Aldo Moro e Mariano Rumor? Com’è noto, i nomi appartengono a tre presidenti in carica negli anni in cui si tessevano le fila delle trattative condotte dalla multinazionale americana per formalizzare l’acquisto degli aerei Hercules C-130. Il suolo italiano divenne un’enorme cassa di risonanza per lo scandalo in atto, i media andarono giù pesante con le illazioni che costruivano, sorreggendo le varie ipotesi d’accusa e le responsabilità per i tre politici ormai invischiati dentro congetture mediatiche, mezze prove e piste investigative.
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Palazzo della Consulta
Giovanni Leone (nel 1976 Presidente della Repubblica), nonostante le accuse mosse a suo carico non saranno mai supportate da prove concrete, vedrà tra le “imputazioni” accessorie il riferimento anche ai suoi rapporti di amicizia con la famiglia di avvocati napoletani Lefevbre, Antonio e Ovidio, implicata nella vicenda (per sua ammissione semplicemente rapporti di vecchia data nati nell’ambito accademico tra Roma, Napoli e Bari).
Tutti voltarono le spalle al Presidente della Repubblica in carica e, una volta venuti a mancare i più importanti appoggi politici, si dimetterà. Aldo Moro è il secondo dei nomi dietro cui si sarebbero celati i possibili lineamenti di “Antelope Cobbler”. Tutti gli elementi raccolti a suo carico farebbero riferimento ad alcuni appunti custoditi sul taccuino di un assistente del Dipartimento di Stato statunitense alle dipendenze di Henry Kissinger.
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Aldo Moro
Sarà lo stesso Aldo Moro a difendere il proprio nome durante il dibattito parlamentare del 1977; un comizio passato alla storia per la celebre arringa pronunciata in quella sede, conclusa rifiutando l’idea di un processo mediatico e sull’onda populista. La Corte costituzionale, in mancanza di basi d’accusa solide, archivia ufficialmente la posizione di Moro il 3 marzo 1978, esattamente tredici giorni prima del suo tragico sequestro in via Fani da parte delle BR. Mariano Rumor, cinque volte presidente del Consiglio, ex segretario del partito democristiano, al tempo dello scandalo è il ministro degli Esteri in carica. Tra i nomi sotto la lente d’ingrandimento dell’inchiesta parlamentare il suo è quello che ha incontrato più difficoltà contro i sospetti. Convocato innanzi alla Commissione inquirente Rumor si salverà dalla messa in stato di accusa grazie al voto determinante del presidente Mino Martinazzoli confermando la propria innocenza ed estraneità ai fatti contestati.
Nel 1998 tuttavia Mario Tanassi (anch’egli sotto accusa e in seguito giudicato colpevole) in un’intervista dichiarava: «I Presidenti del Consiglio in carica durante l’affare furono Rumor e Andreotti. Quindi Antelope Cobbler era uno dei due, non si scappa». Il mistero o meglio il meccanismo che si cela dietro questo nome in codice non è mai stato svelato, anzi, col passare degli anni si è continuato a parlare, ipotizzare, forse depistare, accusare ma senza prove certe: ogni pista è rimasta una tesi difficile da avvalorare e, a oggi, l’identificazione di questa sagoma influente dalla stretta di mano potente rimane un miraggio.
di Alberto Bonomo
Nel 1976 risuona lo pseudonimo Antelope Cobbler
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