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Pugno di ferro in guanto di Velut: LA GRANDE RINCORSA
di Marco Lincetto
Pugno di ferro in guanto di Velut: LA GRANDE RINCORSA
Viviamo un momento strano.
Laddove il termine "strano" ha un’accezione negativa. La stranezza consiste principalmente nel fatto che, per mille motivi che qui non mi interessa analizzare, stiamo assistendo ad una inusitata proliferazione di guru della domenica, santoni operanti sia a livello privato (semplici appassionati, che si ammantano di un’aura di santità, caritatevole) che a livello pubblico (operatori, che "decidono" di essere in possesso della ricchezza del verbo assoluto, da donare in cambio di venerazione e denaro). Non che questo fenomeno sia assolutamente nuovo; ma certamente negli ultimi due, tre anni si è ingigantito, cominciando a destare seria preoccupazione negli uomini di buona volontà che operano onestamente nel nostro bellissimo settore: la musica riprodotta.
Ma qual’ è la molla su cui tali equivoci personaggi, testè brevemente tratteggiati, fanno leva? La Grande Rincorsa di cui al titolo di questo mio nuovo articolo. La Grande Rincorsa di ogni appassionato verso la ricerca e, possibilmente, il raggiungimento dell’Assoluto nella riproduzione del suono; nel raggiungimento della conoscenza dei parametri che al di là di ogni ragionevole dubbio consentano a lui stesso di poter dire: "Ho finalmente l’impianto in grado di ripropormi la Verità del suono". E questo è il grande equivoco di fondo, giacchè, come in tanti interventi da me proposti sulle riviste "di carta" e sul "nostro" amato Forum, tale assoluto, tali certezze sono, ahimè, irraggiungibili.
L’Assoluto, soprattutto nel campo della musica suonata, registrata e riprodotta, semplicemente non esiste. Esiste invece la malafede o nella migliore delle ipotesi l’ignoranza e la follia di alcuni (sempre di più) che pretendono di imporre il "loro" proprio assoluto (quindi, relativo) a chi è facilmente condizionabile da qualche parola ad effetto o da qualche giocattolo dalla foggia strana (ed inquietante).
A tali personaggi in cerca d’autore mi piace augurare un luminoso futuro in ospedale psichiatrico oppure dietro alle sbarre di una cella: soluzioni direttamente proporzionali al grado di follia e/o di malafede di tali esseri.
Passiamo ora a parlare degli argomenti a noi tutti cari. Leggendo con attenzione le preziose colonne del nostro Forum, mi rendo conto che vi sono alcuni temi che ritornano con frequenza nelle domande dei partecipanti. Prendendo in esame le problematiche legate al mondo della musica acustica eseguita (e ripresa) dal vivo, noto che almeno tre sono gli elementi preponderanti oggetto di dibattito: la Scena sonora, la Dinamica e la Timbrica. Come dire, con tutto il rispetto per le Sacre Entità che colgo ad esempio, padre, figlio e spirito santo (in minuscolo, per rispetto a quelli "veri"). E dunque, parliamone, dal nostro punto di vista, forse privilegiato, partendo proprio dalla
SCENA SONORA.
Troppo spesso mi capita di leggere affermazioni che vorrebbero indicare questo parametro di valutazione di un evento live e della sua speculare riproduzione domestica come eccessivamente sopravvalutato nei pensieri degli audiofili.
Ebbene, ovviamente non è così… l'ovvietà è ancora peggio dell'assoluto....
Certamente però mi voglio porre nei panni dell’appassionato che se ne va ad un concerto di musica classica per la prima volta, magari in una chiesa, magari seduto in posizione laterale a 15 o 20 file dal palco. Certamente il poveretto si farà l’idea che tutti i discorsi sulla localizzazione degli strumenti, sull’altezza, sulla larghezza e sulla profondità, possano essere considerati delle emerite baggianate… Se, però, questo appassionato, dopo questa prima esperienza, insiste nella frequentazione di concerti dal vivo, presenziando ad eventi in sale dalle differenti caratteristiche acustiche e soprattutto alternando la propria posizione rispetto al palco, ora vicina, ora lontana, ora centrale, ora laterale, si renderà conto di quanto possa essere impossibile poter dare un giudizio in via assoluta alla "qualità" della scena sonora ascoltata, e, diversamente, "ascoltabile" a casa propria. Per inciso, tali considerazioni possono essere considerate di natura generale nei confronti anche degli altri parametri di valutazione di cui parlerò in un’altra occasione.
Torniamo quindi a ribadire la parola d’ordine che guida in modo roccioso la mia linea di pensiero, ovvero: RELATIVITA’.
Se noi ci poniamo in terza fila rialzata, in posizione centrale, di una sala da concerto ideale, dotata di tempo di riverbero pari a circa 1,8 secondi con decadenza media, e sul palco si sta esibendo una grande orchestra sinfonica, potremo con grande naturalezza percepire un meraviglioso fronte sonoro, larghissimo, altissimo e profondissimo, ed anche chiudendo gli occhi potremo "vedere" ogni sezione strumentale, ogni solista nella sua naturale ed esatta posizione. Via via che nella medesima sala ci si allontana dal palcoscenico, percepiremo una progressiva riduzione dell’ampiezza di ciascuna delle tre dimensioni, fino a percepire un ascolto quasi mono posizionandosi in fondo alla sala.
Ma allora, qual’ è la verità dell’ascolto? Qual è l’ascolto "giusto" e, conseguentemente, qual è il modo giusto di ascoltare un evento di questo tipo a casa propria? La risposta è semplice: ciascuno di quelli descritti è il modo giusto, ciascuno di quelli descritti è il modo sbagliato, senza tema di smentita.
Ciascuna di queste realtà corrisponde al vero, aggiungendo però il prezioso ed irrinunciabile concetto latino che recita: "HIC ET NUNC", qui e adesso. Tali variegate realtà possono quindi, correttamente, essere documentate in una ideale registrazione, in una ideale "fotografia sonora" dell’evento, considerando ovviamente la naturale approssimazione rispetto alla realtà, dovuta all’imperfezione dei mezzi tecnici oggi a nostra disposizione, su cui esprimerò la mia opinione fra breve.
Nel momento in cui l’ingegnere del suono si pone il problema di come documentare un determinato evento reale al cui cospetto si trova ad operare, deciderà evidentemente secondo la propria esperienza e soprattutto secondo il proprio gusto estetico. Nel mio caso personale sono dell’avviso che nel momento in cui si porta in casa di un appassionato un disco che contiene come oggetto di prioritaria ed assoluta importanza un programma musicale, sia indispensabile proporlo nel modo migliore possibile ovvero documentando su disco l’ipotetico ascolto della altrettanto ipotetica terza fila della sala ideale: e quindi un ascolto che possa offrire la più spettacolare delle immagini sonore, estesissima in ogni dimensione, dando quindi evidentemente la precedenza alla godibilità assoluta della Musica contenuta nella registrazione, a prescindere dall’eventuale negatività della sala in cui è stata ripresa, forzando, se è il caso, la ripresa stessa al fine di ottenere i risultati tecnici migliori, finalizzati alla massima valorizzazione del contenuto musicale.
Ma questo è ovviamente il mio punto di vista.
Altra corrente di pensiero ritiene invece giusto cercare di riportare fra le pareti domestiche "esattamente" quanto percepito in un determinato spazio sonoro, a prescindere dagli eventuali "difetti" acustici caratterizzanti tale spazio. Devo dire che per brevissimo periodo, all’inizio delle mie esperienze in questo settore, anch’io avevo un’idea di questo tipo. Poi però mutata, col progredire dell’esperienza. Tale punto di vista, estremo, presenta infatti il fianco ad una fondamentale critica, legata all’oggettiva limitatezza dei mezzi di ripresa e di riproduzione dell’evento concerto. Non è infatti mai male sottolineare con forza che quando ciascuno di noi è presente ad un concerto, percepisce una serie di stimoli che vanno a colpire non solo il semplice senso dell’udito, ma anche la vista, l’olfatto, il tatto. Un concerto dal vivo rappresenta un’esperienza percettiva totalizzante, in cui il nostro corpo con tutti i propri sensi attenti è immerso nell’evento stesso; e se uno dei parametri, financo il più importante in questo caso, ovvero l’udito, è negativamente condizionato dalla posizione d’ascolto infelice o dall’acustica imperfetta della sala, ci penseranno gli altri sensi, con la fondamentale mediazione del nostro cervello, a compensare le lacune. Tale tipo di sensazione è oggi lontanissima dal poter essere riportata fra le quattro mura domestiche. A meno di non poter disporre di un sofisticato sistema audio video, multicanale e con il video in 3D proiettato su schermi di tipo IMAX… Ma ancora mancherebbero gli odori…
tranne che da me dove scoreggio all'UOPO
Comunque tant’è: tornando a volare "bassi", sui parametri a noi più semplicemente familiari, spero di aver una volta di più chiarito il concetto più importante. Il suono, in via assoluta, non esiste; esiste solo in relazione ad un momento ed un luogo determinato e pure in quel momento ed in quel luogo due diverse persone potranno percepire un’idea di quell’evento necessariamente differente, pur di poco.
Tutto questo porta ad una risposta penso molto importante e per certi versi anche un po’ dolorosa oppure, a seconda dei punti di vista, emozionante. Come "deve" suonare il proprio impianto hi-fi può essere deciso solamente da noi stessi, dopo un lungo, faticoso, affascinante percorso di crescita personale, che prevede la instancabile frequentazione delle più differenti sale da concerto, l’ascolto dei più variegati gruppi strumentali e solisti. Solo a quel punto sapremo cosa cercare nell’oggetto da noi deputato alla riproduzione dei suoni; doverosamente consapevoli della limitatezza dei mezzi tecnici. Doverosamente consapevoli che quanto va benissimo a noi potrà non andare bene per un altro appassionato che ha svolto un percorso differente dal nostro o più frequentemente dispone di un apparato percettivo differente.
A questo proposito mi piace concludere questo mio intervento citando un esempio che mi appare decisamente illuminante. Un componente di fondamentale importanza per chi registra musica dal vivo è la cuffia. Nella maggioranza dei casi si sarà infatti costretti a prendere decisioni spesso non successivamente modificabili grazie all’ausilio di questo strano e per certi versi innaturale mezzo d’ascolto.
Vox populi pare che io realizzi registrazioni apprezzabili. Di eccellente livello sono anche le registrazioni effettuate dal mio collega ed amico Matteo Costa. Spesso una mia registrazione ha moltissimi punti di contatto con una realizzata da Matteo: siamo in qualche modo intercambiabili. Però nel modo di valutare i suoni usiamo sistemi radicalmente differenti: io uso una cuffia Beyerdynamic DT880, un componente senza il quale mi sento nudo e indifeso e senza il quale oggi non affronterei mai una registrazione dal vivo. Matteo usa invece una Sony di target medio basso, chiusa. Ebbene, se io indosso le sue Sony, soffro e non riesco a capre nulla, così come soffre lui quando indossa le mie Beyerdynamic.
Cosa significa tutto ciò? RELATIVITA’, RELATIVITA’, RELATIVITA’…
un euro per ogni volta che ha spacciato robba ASSOLUTA e paolino camperebbe di rendita....
il fatto che sia abituale monitorare con la cuffia non lo rende meno DEMENZIALE....in assoluto!
quello che si ascolta in cuffia è il massimo, il parossimo del suono avulso ed incongruente...
l'esempio che porta il balenco mostra come ciascuno ci trae le informazioni che vuole attraverso ABITUDINE!