baby rattle ha scritto:Il principio di indeterminazione di Heisenberg viene a costituirsi perchè si vuole conoscere il valore di una entità a prescindere dallo scorrimento del tempo ovvero in condizioni di invarianza (postulato della scienza fisica non realtà dell'universo in quanto contraddetta dallo scorrimento del tempo), se introduciamo la non invarianza generalizzata e la sequenza non c'è più indeterminazione, il valore assunto dalla grandezza dipende dalla storia temporale fino all'istante di osservazione, appunto, e il suo andamento rispetta la sequenza dello stacking di tutti le forze eccitatrici/pertubatrici presenti.
Il principio di indeterminazione viene concettualmente a cadere, se poi non sappiamo descrivere l'andamento istantaneo delle grandezze per ogni infinitesimo temporale e spaziale e ricorriamo a metodi statistici è un altro discorso.
Effettivamente il principio di Heisenberg usa l'avverbio contemporaneamente (non è possibile misurare
contemporaneamente posizione e velocità etc.), che è un modo di eliminare la dipendenza temporale della misura (nella contemporaneità il tempo non viene preso in considerazione, così come nell'analisi di Fourier nella sua forma matematica "pura" si prende in esame il segnale in tutto il suo dispiegarsi nel tempo e lo si trasforma, ovvero si considera un segnale
periodico eliminando/tenendo sotto controllo la variabile temporale).
E' altrettanto vero che tutta la teoria dei campi, pur postulando una variazione delle grandezze nel tempo, si basa di fatto su variazioni nel tempo di tipo elementare (spesso armoniche o periodiche), tanto che si adotta la simbologia con i fasori che appunto permette di fare i calcoli COME SE non ci fosse una variazione nel tempo, ovvero in pratica disaccoppiando la variabile tempo da tutte le altre mediante l'ipotesi che il tempo abbia un andamento semplice, armonico, gestibile, indipendente.
Tutta l'ingegneria dell'elettromagnetismo, nelle sue applicazioni pratiche, si basa sul fatto che i segnali in gioco sono praticamente monocromatici e quindi l'andamento nel tempo è sempre schematizzabile come un fasore di frequenza data.
Con riferimento poi al concetto di tempo in fisica, la prima teoria che ne tratta in modo approfondito è la relatività ristretta, dove viene fatta un'assunzione (del tempo come "portato"/misurato tramite la radiazione luminosa).
Questa assunzione vale certamente in cosmologia, ma paradossalmente non vale su scala umana (dove la luce ha una tale velocità di propagazione e infinitesima lunghezza d'onda da essere considerata nella vita pratica come sinonimo di contemporaneità, quindi negazione del tempo).
Il vero tempo dell'essere umano è invece il suono, il battito cardiaco, portato da lunghezze d'onda assolutamente non monocromatiche, che abbracciano un intervallo di 10 ottave e che hanno dimensioni comparabili a quelle dell'organismo. Inoltre la velocità di propagazione è finita e percepibile come tale anche nella vita normale (vedasi l'eco, l'effetto doppler nelle sirene delle ambulanze o i jet che superano il muro del suono).
Ebbene la fisica e la fantascienza ci hanno infarcito di supposizioni su cosa accadrebbe se noi viaggiassimo più veloce della luce, il famoso paradosso dei due gemelli, etc.
MA noi abbiamo già un modo per saperlo, perché nel suono (che è tempo) possiamo fare molte di queste cose. Fino a scoprire che c'è una sostanziale equivalenza tra alta fedeltà (intesa come riproposizione credibile della sequenza di origine, con successiva elaborazione cerebrale dello spazio tempo di appartenenza) e macchina del tempo.
Lo stereo è la macchina del tempo: ci porta un altro tempo e un altro spazio così come definito dal suono musicale....
Già questo dovrebbe mettere i brividi se compreso fino in fondo.
Ma aggiungo altro.
Invito tutti a pensare come ci apparirebbe il sistema solare se la velocità della luce fosse paragonabile a quella del suono... ovvero se la luce si propagasse molto più lentamente di quello che fà.
Altro che pianeti in orbita... vedremmo una sovrapposizione di posizioni tale da disegnare un contorno, una figura non banale. La scala e la coerenza temporale con cui viene trasferita l'informazione definisce la forma percepita... che come tale non esiste di per se. Se la velocità della luce fosse bassa noi avremmo a che fare in ottica con lo stesso ordine di problemi che pone la riproduzione dei suoni musicali: avremmo un problema ineludibile di riconoscimento di forme e di colori, che oltretutto potrebbero materializzarsi solo in un contesto di durata temporale. Che sia questo un modo per rendere maggiormente plastico il concetto di "sequenza"? Che sia questa immagine in grado di far venire il reale senso di vertigine su quale sia la vera natura degli argomenti in discussione nella riproduzione del suono musicale? Argomento di somma complessità, la porta verso qualcosa che ancora non sappiamo dove può portare. Qui c'è lavoro per 10 generazioni sui due versanti della fisica fenomenologica e delle modalità percettive umane.
...meglio fermarsi per ora.