documento ssorico della ssoria

documento ssorico della ssoria

Messaggio da leggereda tran quoc » 30 lug 2021, 8:05

documento ssorico della ssoria, di alberto OLUGLIO
OLLUPO
OLOCAUSTO
bboh...!

INTERVISTA A MARCO LINCETTO

Di Alberto O.LLUPO — Top Audio - 15 Settembre 2007

a. Tu Marco sei nato a Padova, vero?

M.L. Sono nato a Padova sì, il 26 Giugno 1961.

a. Nella mia città natale, quando ero un bambino, c’erano un sacco di cose che ora non ci sono più, a cominciare dai tram con relative rotaie. C’è qualche cosa di Padova che, presente in passato, ora non c’è più e ne hai particolare nostalgia?

M.L. Le caldarroste l’undici di Novembre in Piazza Delle Erbe, nel centro di Padova. Il centro di Padova è formato di tre piazze: Piazza Delle Erbe, Piazza Della Frutta e Piazza Dei Signori.

Le caldarroste, per la verità, esistono ancora, ma sono circondate dalle sovrastrutture attuali, per cui finiscono per essere una sorta di reperto archeologico in un contesto di modernismo stridente.

a. Be’, ma se ci sono ancora, per quale ragione ne dovresti avere nostalgia?

M.L. Perché non sono più quelle! Manca la Millecento nera a coda di rondine, mancano tutti gli altri banchetti con le ruote di legno che sono stati sostituiti da piccoli trattori con le ruote di gomma, ma soprattutto ci sono i bar di tendenza. Quindi non è che manchi qualcosa, c’è qualcosa in più ed è qualcosa di troppo, a confondere la memoria…

a. C’è qualche aspetto nel carattere dei padovani che cambieresti all’istante?

M.L. Faccio fatica a dirlo, poiché io mi ritengo un padovano d.o.c.; in ogni caso direi…un certo rifiuto ad accettare il terzo, l’estraneo; i padovani sono un po’ chiusi, ma è una caratteristica dei veneti in generale. E’ comunque un difetto che non mi appartiene, essendo io molto proiettato verso l’esterno: mi sento bene quando vado a Roma, mi sento ancora meglio quando vado a Napoli, sono a mio perfetto agio a Catania o a Palermo. Non vivo nemmeno più a Padova, ma in un paese nelle vicinanze.
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a. Breve escursus scolastico di Marco Lincetto.

M.L. Dunque, ho fatto il Liceo Classico ed in seguito non, sottolineo non mi sono laureato in Giurisprudenza. Sono arrivato a sei esami dalla laurea, avviato ad una carriera nell’ambito della magistratura, quando successe un episodio che ti voglio raccontare. Nel 1982 mi capitò di fare un incidente con la moto, abbastanza grave; mi distrussi la gamba destra e restai bloccato tra ospedale, operazioni e qualt’altro, quasi un anno. Hai ventidue anni, sei lanciato verso un brillante percorso di studi e professionale, e di colpo ti fermi per un lungo periodo; bene, sai cosa succede? Succede che cominci a farti delle domande ed una di queste è, ma sto facendo quello che m’interessa o no? Nel mio caso la risposta fu: no. E da quel momento iniziò per me una profonda crisi, sicché, una volta ripresa l’università, procedetti in modo disastroso, trascinandomi per i successivi tre anni.

a. Ti ho fatto la domanda a proposito degli studi, poiché in realtà vorrei sapere se la tua formazione scolastica ha rappresentato un aiuto nell’esercizio della professione di discografico e tecnico del suono, oppure se avresti tranquillamente potuto farne a meno.

M.L. Certamente che mi è stata di aiuto. E’ stata fondamentale, per lo meno il periodo sino alla maturità classica. Mentre trovo sia stato del tutto inutile il percorso universitario.

a. In che modo hai attinto da quella esperienza scolastica?

M.L. Il substrato, l’humus di fondo: un certo tipo di elasticità mentale. Io devo letteralmente inchinarmi a ringraziare i miei insegnanti di liceo, il cui grande risultato è stato quello d’insegnarci ad imparare. Quindi nozioni, erudizione senz’altro, ma soprattutto un metodo ed una disciplina di studio.

a. Parliamo della tua famiglia. Tuo padre, Adriano Lincetto, è stato pianista, compositore ed insegnante di musica. In che modo l’atteggiamento di tuo padre verso il lavoro, ed il suo carattere, hanno influito sul professionista Marco Lincetto.

M.L. Guarda: io sono lo specchio fedele di mio padre.

a. Significa che anche tuo padre si arrabbiava facilmente, come ti arrabbi tu?

M.L. Era esattamente come me nel Forum di Videohifi. La prima cosa che lui diceva era: no, non si può fare. Mio padre era severo, era strutturato, era una persona molto rigida; sebbene fosse dotato di tanta umanità; difatti lui era odiato da chi non lo conosceva e molto amato di chi invece riusciva ad entrare in confidenza con lui. Mio padre fu condirettore del Conservatorio Di Musica di Padova "Cesare Pollini", il cui Direttore, all’epoca, era il suo amico di sempre e compagno di studi Claudio Scimone, mitico fondatore dei Solisti Veneti, il quale a causa dei suoi continui impegni artistici, qualcosa come duecentocinquanta concerti l’anno, fu poco presente alla sua carica di primo responsabile del Conservatorio di Padova. A causa di ciò mio padre dovette sobbarcarsi una serie di responsabilità supplementari e non indifferenti, in quanto a tutti gli effetti svolgeva anche la funzione di Direttore operativo, in assenza, come ho detto, del titolare. Ed essendo papà una persona intransigente, onesta ed integerrima, la cosa si ripercosse alla lunga anche sulla sua salute, che ne risentì fino a portarlo, secondo me, alla morte.

a. E invece cos’hai preso da tua madre?

M.L. Da mia madre ho preso una certa logorrea. Io voglio portare a tutti i costi mia madre negli Stati Uniti, ove lei non è mai stata, solo per vedere sei riesce ad attaccare bottone anche con gli americani, non conoscendo mia madre una parola d’Inglese. Secondo me ci riesce.

Le tue scelte professionali hanno soddisfatto le aspettative dei tuoi genitori verso il loro figlio Marco, oppure essi avrebbero preferito che tu ti fossi dedicato ad altro?

M.L. Il bello dei miei genitori è che hanno sempre cercato di assecondare le inclinazioni mie e di mio fratello. Diciamo che nel periodo in cui ho abbandonato l’università, da parte loro c’è sicuramente stata qualche preoccupazione, poiché in quel momento, durato un paio d’anni, io mi sono trovato un po’ allo sbando, senza una direzione precisa.

Però nessun attrito…

M.L. Attriti no. Non in quel periodo per lo meno. Vi sono stati atriti con mio padre, quando ero più giovane, ma si trattò del classico scontro generazionale. A me piacevano i Pink Floyd, ad esempio, e lui diceva che di quel gruppo non sarebbe rimasto nulla. Sebbene fosse capace di mostrare grande apertura mentale, come quando gli feci ascoltare la colonna sonora di Jesus Christ Superstar ed egli definì un genio il compositore di quelle musiche (Andrew Lloyd Webber — Ndr).

Comunque i nostri contrasti, alla fine, derivavano dal fatto di avere entrambi l’identico carattere.

Purtroppo io e mio padre ci siamo riuniti, abbiamo trovato un motivo d’incontro, poco prima che lui morisse e cioè quando io fondai la Velut Luna, per la quale lo volli a tutti i costi nel ruolo di Direttore Artistico. Otto mesi dopo, mio padre morì.

E’ venuto il momento di parlare del tuo lavoro. Le condizioni che ti hanno portato ad intraprendere la carriera di discografico e tecnico del suono, sono casuali oppure sono state cercate e perseguite?

M.L. Sono state fortemente perseguite. Vedi, il mio è un lavoro difficile ed è ancora più difficile riuscire a vivere di questo lavoro; in Italia non saremo più di venti a campare di questo lavoro.

Quindi tu non hai avuto il classico colpo di fortuna?

M.L. No, non l’ho avuto. Se togliamo l’aiuto materiale da parte dei miei genitori, per l’acquisto delle prime attrezzature. Se non ricordo male furono un paio di milioni di Lire.

a. Ti sentiresti di assumere su di te una parte delle responsabilità nella crisi che oramai da anni segna il settore della discografia internazionale? Ti prenderesti anche tu un po’ della colpa?

M.L. Manco per niente. Intanto io ho iniziato la mia attività quando la crisi era già piena e conclamata; inoltre io ho perseguito una strada che potrei riassumere nella parola: cultura. La mia etichetta fino a due anni fa era in perdita, e ciò si deve al fatto che scelsi di promuovere artisti giovani, ed ho cercato anche di sostituirmi alle carenze della scuola…ho fatto tutta una serie di scelte che di solito non fa nessuno, in ambito discografico. Poi finalmente, nel 2004, ho imparato come funzionano le cose, mi sono sganciato da tutti i rapporti di distribuzione, ho tirato i remi in barca, e con l’apporto determinante, sottolineo determinante, di Francesco Pesavento e Grazia Ludomentis, con l’apertura del Sito Internet e la gestione in proprio, c’è stato un decollo vertiginoso e le cose hanno preso ben altra piega.

a. Potendo disporre di una bacchetta magica, quale aspetto del tuo settore professionale cambieresti all’istante?

M.L. Posso pensarci un attimo?

a. Sì ma non troppo. Ci sarà una tara che potendo eliminare all’istante elimineresti volentieri!

M.L. Sì c’è, ma la risposta rischia di essere molto polemica.

a. Meglio!

M.L. Bisognerebbe cancellare Silvio Berlusconi e tutti quelli come lui. Quantomeno il Silvio Berlusconi imprenditore televisivo.

a. Quindi una certa cultura di massa…

M.L. Esatto. Il declino della cultura musicale, in Italia, coincide con l’avvento della televisione commerciale.

a. Tu non sei anziano, anzi sei piuttosto giovane e magari non ti sei ancora posto il problema relativo alla prossima domanda. Ti farebbe piacere trasmettere le conoscenze acquisite in anni di lavoro o sei piuttosto geloso dei tuoi segreti? Hai mai pensato, in questo senso, di formare qualcuno che possa continuare l’opera, nel momento in cui decidessi di andare in pensione (fra molti anni)?

M.L. Già adesso mi sarebbe utile poter contare su di un aiuto, nel mio lavoro. Il problema è che io purtroppo sono un lupo solitario, e per giunta sono un pessimo insegnante. Se vuoi ti racconto a questo proposito un episodio, che potrai anche non inserire nella versione definitiva dell’intervista…

[Non ci penso nemmeno]

Non ricordo più quale di questi recenti ed inutili governi, introdusse i corsi sperimentali all’interno dei conservatori di musica, che hanno interessato le materie più varie tra cui il lavoro del tecnico del suono. Il Conservatorio di Padova nel 2001, anno in cui i predetti corsi furono istituiti per la prima volta, era guidato dall’attuale Direttore, Leopoldo Armellini, mio caro amico. La prima cosa che Leopoldo fece fu di telefonarmi e propormi la cattedra di docente per ciò che concerneva i corsi di tecnico del suono; "Te lo scordi", gli dissi. Io non sono un insegnante, non ne ho la struttura, la mentalità. E non ho nemmeno la voglia di mettermi ad insegnare.

Alla fine gli consigliai di chiamare l’Ingegner Matteo Costa, che per quel compito era la persona più adatta.

a. Questa cosa mi sorprende un po’, per il fatto che tu sei sempre disponibile nel dare consigli e suggerimenti a chiunque te ne chieda. Così mi è sembrato di capire attraverso le tue risposte sul forum di Videohifi.

M.L. Sì, il consiglio, il suggerimento, senz’altro. Ma insegnare è ben altra cosa ed è una cosa drammaticamente importante; non ci si può improvvisare, voglio dire.

a. In effetti insegnare è una missione…

M.L. Non solo è una missione ma bisogna anche avere talento e preparazione all’insegnamento ed io non avevo nessuna delle due caratteristiche. Mi sembrava disonesto accettare.

a. Interessante punto di vista. Comunque, sai dove volevo arrivare? Ora te lo dico.

Io sono un giovane interessato ad iniziare l’attività di tecnico del suono ed a fondare una nuova etichetta discografica. Qual è il primo consiglio che mi dai?

M.L. Per fare il produttore discografico ci vuole una certa disponibilità economica.

a. Sarebbe che il primo consiglio che mi dai è: trova l’argent? E’ una cosa tristissima!

M.L. Sarà triste, ma è così.

a. Ciò per quanto riguarda quel che bisognerebbe fare. E invece cos’è che mi consiglieresti di non fare?

M.L. Stiamo sempre parlando del produttore discografico vero? Bene. Il consiglio è quello di non farsi abbagliare dal canto delle sirene, poiché questo è un settore che più sprofonda nella crisi e più produce nuove pericolose sirene. Ad esempio il distributore che vede un business, capisce di avere di fronte una persona poco esperta e ti dice di produrre dieci registrazioni, promettendoti la vendita di migliaia di copie per ognuno di quei lavori, ma intanto sei tu che rischi ed in seguito quelle promesse grandi vendite non si verificano. Racconto questo perché è esattamente ciò che è successo a me all’inizio.

a. Quindi non bisogna farsi facili illusioni. Veniamo ora al tuo carattere: Marco Lincetto si stizzisce facilmente; ciò è chiaramente emerso leggendo alcuni tuoi interventi polemici in Rete. C’è chi vede nei temperamenti collerici e biliosi un sintomo d’insicurezza. Tu cosa ne pensi? Se vuoi, come risposta, puoi anche mandarmi a quel paese.

M.L. No, anche perché la descrizione è perfetta. E’ la conclusione ad essere sbagliata; non si trattta di un sintomo d’insicurezza, bensì della manifestazione di un’ansia. Cerco di spiegarmi meglio: il mio carattere è evidentemente un carattere rigido, squadrato, bianco e nero con pochi grigi. Io so di sapere quello che so e mi arrabbio se viene messo in discussione proprio ciò che so. Quando vengo attaccato su argomenti di cui non so nulla, difatti, non mi arrabbio. Quindi si tratta della manifestazione di un’ansia di spiegare ciò che so a chi sta dicendo una cosa sbagliata.

a. Questo carattere scontroso ti è stato mai di ostacolo nel lavoro? E’ stato mai causa di occasioni perse, di possibilità mancate?

M.L. Sì.

a. Ti ha danneggiato anche economicamente?

M.L. Non in modo grave, però un po’ sì.

a. Parliamo degli altri signori Velut Luna. Quanto il successo delle tue produzioni discografiche, quanta parte dei denari guadagnati e del benessere conquistato, in che misura tutto ciò, se dovessi definirne la percentuale, si può ascrivere all’opera del tuo collaboratore e socio Francesco Pesavento?

M.L. Senz’altro per il cinquanta per cento. Ma ciò vale anche per gli altri miei compagni di ventura, Emanuela Dalla Valle che è la responsabile del coordinamento, spedizioni, ufficio stampa ed è anche la moglie di Francesco, Moreno Danieli che è il responsabile commerciale ed è colui che ha raddrizzato i miei disastrati conti, e Cristiana Dalla Valle che è la nostra inglesista, responsabile dei contatti con l’estero e si occupa delle traduzioni.

Ed ovviamente mia moglie Patrizia, che mi sopporta dalla mattina ala sera, che rinuncia a parte delle sue ferie dal suo lavoro per seguirmi alle Fiere di settore e sostenere tutto il peso dello stand, che si occupa della mia posta e della mia agenda, della mia molto trascurata salute...

a. Pensi che senza tutte queste persone avresti raggiunto lo stesso i medesimi traguardi?

M.L. No, io penso che senza tutte queste persone Velut Luna oggi non esisterebbe semplicemente più.

a. M’interessa il tuo rapporto con Francesco Pesavento, in particolare. Di solito, tra te e Francesco, chi è che nella maggioranza dei casi finisce per avere ragione?

M.L. Discussioni da che ci conosciamo ce ne sono state solamente due…

a. Ma dai, non ci credo. Così poche?

M.L. Davvero, solo due. Ed in entrambi i casi ognuno si è tenuto la sua opinione, ed abbiamo alla fine superato la cosa.

a. Francesco Pesavento sarebbe in grado di sostituirti in tutte le fasi della registrazione o in qualcuna di esse?

M.L. Attualmente no.

a. Proseguiamo a parlare del tuo lavoro, sebbene sempre alla mia maniera, cioè prendendola un po’ di traverso. Mi puoi rivelare un segreto del mestiere di tecnico del suono?

M.L. Direi…cogliere nel tempo più breve possibile le caratteristiche sonore salienti dell’ambiente in cui dovrà essere fatta la registrazione. Ciò significa capire in fretta dove si dovrà collocare la coppia di microfoni stereo di riferimento. In base alla corretta collocazione della coppia stereo di riferimento, che è responsabile del settantacinque per cento del suono…

a. Ah, però…

M.L. Sì, è così. Allora anche se successivamente io aggiungo ventiquattro microfoni, il resto sono puri dettagli, fisime, ricerca di perfezionismo.

a. E tu quanto tempo impieghi a collocare in maniera perfetta la coppia stereo di riferimento?

M.L. Un’ora, un’ora e mezza. Se ho fortuna anche dieci minuti. Naturalmente si parla di una sala che non ho mai visto in vita mia. Se è una sala conosciuta il problema non si pone.

a. Ti va di parlare di Giulio Cesare Ricci?

M.L. Certamente.

a. Puoi citare una registrazione del tuo illustre collega Giulio Cesare che avresti voluto tanto fare tu?

M.L. Certo: il ciclo dedicato ad Astor Piazzolla, con Salvatore Accardo. Quello è veramente un gran bel disco, a tutti i livelli, artistico e tecnico.

a. Vorrei evitare a questo punto di dire scemenze, ma mi sembra che tu e Giulio Cesare Ricci abbiate uno stile di registrazione completamente diverso.

M.L. E’ vero.

a. Ecco. E allora come mai riuscite entrambi a produrre ottime registrazioni, nonostante l’approccio tecnico tanto differente?

M.L. Io e Matteo Costa, il mio alter ego tecnico in Velut Luna, controlliamo le registrazioni con due cuffie dal suono molto diverso: lui con una Sony ed io con una Beyer. Eppure perveniamo immancabilmente agli stessi risultati. Perché i canoni sono i medesimi e le linee fondamentali pure. Io penso che quello che accomuni il sottoscritto e Giulio Cesare Ricci sia un certo substrato, un certo humus culturale, la stessa base umanistica…

a. E chi vende più dischi, tu o lui?

M.L. Senz’altro lui. In Italia probabilmente siamo allo stesso livello di vendite, però lui è molto più radicato sul mercato estero rispetto a noi. Noi ci stiamo arrivando, piano, piano.

a. Qualche rimpianto Signor Lincetto?

M.L. Tanti. Ce n’è uno in particolare, sebbene con gli anni abbia imparato a superarlo, in qualche modo: è la mancata laurea. Ci tengo che questo sia scritto nell’intervista: non per la laurea in sé, che non mi sarebbe servita e tuttora non mi servirebbe a nulla, ma perché è l’unico traguardo che io ho mancato. E ciò per lungo tempo ha causato in me un senso di angoscia e di malessere.

a. L’ultima domanda. Il mio capolavoro, del quale vado giustamente orgoglioso.

Non credi, come io credo, che il Compact Disc sia l’invenzione più inutile e cretina della storia dell’umanità?

(Marco non si scompone minimamente e con un sorriso indulgente risponde).

M.L. Che sia un’invenzione afflitta da un peccato originale per cui si possa catalogare come invenzione stupida, sì, penso di sì.

a. Ma dai!

M.L. Sì, perché il Compact Disc è stato lanciato sul mercato in un momento in cui era un oggetto ancora troppo immaturo. Bastava aspettare un po’, che la tecnologia evolvesse verso un digitale appena un poco più sofisticato e ci saremmo risparmiati vent’anni di bestemmie all’indirizzo di un suono imperfetto.

a. Ho mentito, l’ultima domanda è la seguente: tu hai stima degli audiofili? Devi dire la verità però!

M.L. Sì, perché l’audiofilo è una persona curiosa, senza le barriere culturali di alcuni musicofili e melomani. Poi certo gli audiofili hanno vari difetti che mi fanno anche stizzire.

a. Ho mentito di nuovo. L’ultimissima domanda deve ancora venire: quando ti ho proposto l’intervista, mi hai scritto quanto segue: "Spero che tu non mi faccia la stessa domanda che mi sento rivolgere da dieci anni". Ora ti chiedo, quale sarebbe questa domanda?

M.L. Non me lo ricordo.

a. Sei un mito davvero. Grazie e buona fortuna.

Alberto O.GLUNO...OGLIASTRO...OLOCUSTO


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Re: documento ssorico della ssoria

Messaggio da leggereda tran quoc » 30 lug 2021, 8:12

VELUT LUNA 16. August (August 16 11:14AM )
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Sulla mia tomba, sto valutando... Al momento, la più gettonata è:
"Amò l'America, come nessun altro al mondo"
Marco Lincetto per Velut Luna


VELUT LUNA 16. August (August 16 11:20AM )
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bungalow bill said:
Nessun epitaffio , vorrei che le mie ceneri fossero sparse in un posto isolato , non vorrei vicini noiosi e rompiscatole.


Certo, anch'io. Però desidero un piccolo monumento alla memoria, da qualche parte.
Le mie ceneri saranno sparse nel Grand Canyon: ho già lasciato precise disposizioni testamentarie.
Marco Lincetto per Velut Luna

http://forum.videohifi.com/discussion/c ... nt_4527316


si...ma presto!

e intanto col BRUCIORE del server si è perduto tutta la ssoria della ssoria...
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Re: documento ssorico della ssoria

Messaggio da leggereda tran quoc » 30 lug 2021, 8:20

DISCHETTO LINCETTO
aiutante di campo: psichiatra pesavento francesco

il baby che gli accendeva il foco ar culo era forse coso che si firmava "baby rattle"

Marco Lincetto 15. May (May 15 08:42PM )
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LA RELATIVITA’
di
M.Lincetto

Da sempre ritengo che l’argomento della nostra passione sia molto legato alle regole della relatività. Nel senso che penso esistano pochi ambiti dell’umano sapere, dell’umana passione, più legati ad una visione soggettiva di quanto non sia il nostro, ovvero quello della riproduzione (e della registrazione) della musica. Financo della Musica stessa, in sé e per sè.

E’ senz’altro facile, e legittimo, asserire “mi piace – non mi piace”; è più difficile argomentarlo, questo giudizio. E’ infine difficilissimo cercare di stabilire, in modo ineluttabile e scientificamente corretto, i confini del buono e del cattivo, in una visione a 360° della materia.
Per quanto riguarda ad esempio i singoli oggetti della meccanica o dell’elettronica deputati alla riproduzione od alla registrazione della Musica potrà essere relativamente semplice, da parte di un professionista esperto, valutarne una bontà oggettiva legata alle caratteristiche costruttive, ovvero al maggiore o minore pregio dei materiali utilizzati, alla maggiore o minore bontà del progetto tecnico utilizzato per l’assemblaggio, infine alla qualità dell’assemblaggio stesso. Sappiamo però che anche una volta verificata l’eccellenza di tutti questi parametri in gioco, ancora non saremo riusciti a stabilire una regola, una gradazione esatta della maggiore o minore qualità del suono riprodotto da tali macchine.
E’ proprio a questo punto che sopraggiunge il concetto di relatività applicato al nostro ambito. Relatività legata innanzitutto al bagaglio culturale ed alle esperienze personali di chi si pone al cospetto, all’ascolto, del medesimo oggetto. Il mio percorso di vita infatti potrà portarmi a preferire determinate caratteristiche di un suono, diverse da quelle di un’altra persona. L’esempio più eclatante che si può portare è proprio quello di due appassionati di musica, di cui uno abituale frequentatore di concerti ed uno no. In entrambi i casi può essere giusta e legittima la posizione di entrambi, nel preferire un suono più presente o più ambientato, una timbrica più brillante oppure più morbida, una maggiore ricchezza di dettaglio, piuttosto che una visione d’insieme più ampia ed avvolgente (un grande musicista del passato, quale fu Glenn Gould, ad un certo punto della sua carriera abbandonò le sale da concerto a favore del disco, valutando quell’ambito di azione come il migliore possibile e favorendo anche un particolare approccio alla registrazione, tale da rendere la resa delle sue interpretazioni su disco abbastanza differente da quanto ascoltabile in una sala da concerto).

1 - continua
"Baby, Light My Fire!"
Marco Lincetto 15. May (May 15 08:43PM )
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2 - continua

Ecco quindi che quando mi si chiede, come spesso accade, una valutazione su questa o quella registrazione, su questo o quell’evento, mi capita sempre più spesso di trovarmi in grande imbarazzo nel proporre un giudizio, che come ogni giudizio può creare uno spartiacque troppo definitivo, e magari non voluto, fra ciò che è bene e ciò che è male (appunto…).
Mi resta quindi, come arma ultima, il cercare di spiegare semplicemente perché, magari, si raggiunge un certo risultato, apprezzabile da alcuni, disdicevole da altri. E questo perché ritengo che nel mondo professionale esista molta più sincerità e serenità d’approccio di quanto alcune volte non si voglia intendere e/o far credere da parte di alcuni appassionati.
Intendo dire che, quasi sempre, dietro ad un risultato apparentemente negativo agli occhi (…alle orecchie…) di qualcuno, esistono motivazioni ben precise e spesso legate all’esigenza di creare un prodotto ad hoc per un determinato tipo di cliente, che evidentemente non sarà colui che propone la critica.
E’ quindi proprio questo il topic del mio presente articolo e dei prossimo che mi auguro di proporre su queste colonne: cercare di iniziare a far capire cosa sta dietro determinate scelte produttive. Ovviamente cercherò di farlo parlando di ciò che conosco meglio, ovvero il mondo della registrazione professionale. Sempre convinto che il ragionamento di fondo sia applicabile anche ai costruttori di diffusori, piuttosto che di amplificatori o sorgenti o accessori vari.

Cominciamo la nostra analisi, parlando dei dischi cosiddetti “commerciali”, spesso oggetto di feroci critiche tecniche da parte del mondo audiophile.
E’ oggi quasi impossibile accontentare tutti gli appassionati. Proprio perché ormai esiste una gamma troppo vasta e differente di modalità di proposta di un progetto musicale e di modalità di ascolto del medesimo progetto una volta realizzato. E’ ad esempio assolutamente innegabile che un conto è ascoltare un disco nel silenzio del nostro ambiente privato, di fronte ad un raffinato e ben tarato impianto di riproduzione, ben altro invece ascoltare, magari pure con attenzione, un disco attraverso un portatilone all-in-one in spiaggia sotto l’ombrellone.
Viceversa, un conto è raggruppare un gruppo di musicisti, classici, jazz, etc. etc., su un palco ideale (che può essere anche la grande sala di uno studio di registrazione), farli suonare tutti insieme e documentare l’evento, ben altro costruire a tavolino un ben preciso progetto ricco di dettagli ben definiti, che corrisponde al disegno di uno o più creativi che vogliono raggiungere un risultato esatto, a prescindere dalle variabili tipiche di un’esecuzione live, magari utilizzando sonorità, funzionali al progetto creativo, non ottenibili se non con tecniche ad hoc non riproducibili nel corso di un evento live.
Chi si può permettere in tutta onestà di asserire che un modo di quelli enunciati è giusto ed uno sbagliato? Penso nessuno, francamente. Ecco quindi la necessità di capire, per poter meglio e più serenamente scegliere quanto a ciascuno di noi risulti più consono.

"Baby, Light My Fire!"
Marco Lincetto 15. May (May 15 08:44PM )
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3 - continua

Cominciamo il ragionamento enunciando alcune problematiche di base che si propongono al produttore (a ciascun produttore di ogni genere musicale più diverso):
1 - realtà oggettiva del suono da documentare;
2 – realtà relativa, legata all’interpretazione di ciascun differente artista;
3 - interpretazione del suono da parte del sound engineer;
4 - tipologia dell'ascoltatore a cui la determinata registrazione è destinata.

Nel caso di un disco commerciale.
Possiamo dire che nella grande maggioranza dei casi, un disco di musica leggera destinato ai grandi circuiti non è quasi mai basato sulla ripresa di un gruppo di musicisti che suona hic et nunc, in diretta o quasi. Le produzioni pop sono, come si dice, "prodotte" ovvero esiste un'idea di suono a priori ed a prescindere dai musicisti, che deve essere realizzata, al punto che, in realtà, la produzione è divisa in alcune ben precise fasi: la pre-produzione, la registrazione e la post-produzione, a sua volta suddivisa in editing, missaggio e mastering.

La pre-produzione consiste nella composizione dei brani (scrittura) che oggi di solito si realizza al computer con l'ausilio di una tastiera elettronica ed un software quale, fra i più diffusi, LOGIC 7. In tale contesto il produttore, insieme al compositore quando c’è, studia a tavolino ogni suono, lo simula con il computer (compresi i suoni di eventuali strumenti reali che si deciderà di utilizzare, tipo basso, batteria, sax, etc.) e lo registra in un file multitraccia, detto guida. Terminata questa lunga fase, che di solito viene realizzata a casa del produttore stesso, si va in studio con tutti i brani di fatto già registrati sulle tracce guida, con definito anche il "tempo" esatto, tramite il cosiddetto "click", pure registrato su una delle tracce guida, ovvero un impulso metronomico a cui tutti gli interpreti reali dovranno attenersi e che normalmente viene fatto sentire loro in cuffia assieme alle altre tracce guida.

"Baby, Light My Fire!"
Marco Lincetto 15. May (May 15 08:44PM )
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4 - continuaSì perchè la registrazione vera e propria avviene così, cioè si scelgono di solito alcuni musicisti professionisti (in gergo definiti “turnisti”) a cui di demanda la realizzazione delle singole parti musicali, alla luce del fatto che spesso l’artista da produrre non è un gruppo, una band, ma un solista. Si convocano quindi questi musicisti in studio in tempi differenti, anche al fine di ottimizzare i costi di produzione, riducendo il margine di rischio d’errore legato ad un gruppo di persone che suonano insieme, senza la necessaria familiarità legata ad una assidua frequentazione, tipica di una “band”, ad esempio.
Di solito si parte dalla ritmica, prima batteria e poi basso, per giungere alla voce come ultima traccia registrata. I più arditi a volte osano far suonare basso e batteria insieme, pur in sale separate, mentre i più maniacali arrivano a far suonare, ad esempio, la batteria spezzata in più momenti, tipo prima rullante e cassa, poi tutto il resto.
Un tempo si preferiva scegliere per la ripresa sale dotate della minor quantità possibile di riverbero naturale, e quindi di precisa personalità acustica predefinita, proprio per poter fino all’ultimo correggere la sonorità in funzione di quanto immaginato dal produttore, utilizzando riverberi artificiali altrimenti non raggiungibili. Oggi, sempre più, si è superato questo approccio e si va alla ricerca di studi di registrazione dotati di un preciso “ritorno” di suono, ovvero di una precisa personalità acustica, che evidentemente verrà scelta a priori dal produttore, comunque in base all’idea precostituita del suono che ciascuno deciderà di adottare per quel determinato disco.
Nella pratica, quindi si procede così: si manda in cuffia ai singoli interpreti, che registreranno da soli ed in tempi differenti, le tracce guida realizzate nella fase di preproduzione già mixate secondo un determinato equilibrio, fatta esclusione per la traccia da realizzare in quel preciso momento dal musicista in sala. Di solito via via che si aggiungono strumenti reali, si tende a far sentire ai musicisti che intervengono successivamente gli strumenti veri sommati alle tracce virtuali residue, fino a giungere alla voce o al solista, che proporrà la propria interpretazione ascoltando non già alcuna traccia virtuale, ma l’insieme degli strumenti reali, già realizzati.
"Baby, Light My Fire!"
znorterz 15. May (May 15 08:45PM )
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...in attesa dei graditi "suoi" interventi, Le ricordo che non deve assolutamente difendersi.
Sono solo mie impressioni...siamo in un forum di appassionati
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Il Rock&Cultura&Tutto in una parola(l'ultima)??? "NEVER MIND THE BOLLOCKS HERE'S THE SEX PISTOLS"
Marco Lincetto 15. May (May 15 08:45PM )
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5 - continua

Terminata la ripresa si passa all’editing di quanto registrato, ovvero all’assemblaggio delle parti migliori, al preciso riallineamento temporale di ciascun interprete con ciascun altro, correggendo eventuali imprecisioni dei singoli grazie a dedicati programmi software di solito presenti all’interno delle moderne workstation digitali (una volta, ai tempi del registratore analogico, questa procedura era realizzata con forbici e cutter… e forse ancora alcuni lo fanno…). Senz’altro la più universalmente diffusa nel mondo è Pro Tools, un autentico standard mondiale, che utilizza file PCM, sempre più spesso in alta risoluzione 24bit/192kHz, non compressi, in formato AIFF. Incidentalmente è la medesima macchina utilizzata per la ripresa, quasi sempre.
Questa fase può essere più o meno lunga e quindi più o meno costosa, in funzione della bravura degli interpreti scelti. E’ capitato in alcuni casi di dover dedicare anche settimane per queste lavorazioni: un caso eclatante capitato al mio amico e socio Andrea Valfrè, fu quello di essere ingaggiato per realizzare l’editing della batteria di un disco di un gruppo pop italiano molto famoso che vendette più di un milione di copie. Andrea dedicò esattamente due settimane, a 8 ore al giorno, per riallineare esattamente al click del progetto ogni singolo – un po’ maldestro ed impreciso – colpo suonato dal batterista.

Terminato l’editing, si passa al missaggio. In questa fase il produttore realizzerà finalmente il sound che fin dal primo momento creativo aveva programmato. E lo farà utilizzando tutta una serie di aiuti elettronici, digitali ed analogici, offerti da equalizzatori, compressori dinamici ed unità di riverbero. Anche questa fase può essere più o meno lunga e costosa, in funzione della chiarezza o meno delle idee del produttore e della maggiore o minore conoscenza delle macchine da utilizzare. In questo caso la presenza di un ottimo operatore molto ben preparato da un punto di vista tecnico può essere di grande e fondamentale aiuto per la migliore riuscita del missaggio. Contrariamente a quanto si possa immaginare, soprattutto in questa fase, spesso gli operatori non si pongono minimamente problemi di principio sul fatto di mescolare tranquillamente macchine analogiche e digitali, e di conseguenza convertire e riconvertire più volte il segnale digitale originariamente acquisisto, avendo in mente solo ed esclusivamente il risultato sonoro da raggiungere: quasi sempre anzi, un disco pop viene mixato in dominio analogico pur provenendo da riprese native digitali, utilizzando però spesso banchi di missaggio di reale e significativa qualità assoluta (quali NEVE, SSL, SOUNDCRAFT, etc), tale da superare, in scioltezza, eventuali problemi legati alla doppia, tripla, quadrupla conversione.


"Baby, Light My Fire!"
Marco Lincetto 15. May (May 15 08:46PM )
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6 - continuaEccoci infine giunti all’ultima delicatissima fase di produzione denominata mastering. Una volta approvato il bilanciamento finale si riuniscono i file stereofonici di ciascun brano e ci si sposta nello studio di mastering, che quasi sempre è esterno e differente dallo studio in cui si è realizzata la produzione ed è gestito da un tecnico, oserei dire da un “autore”, differente da chi ha operato fino a quel momento. In questo frangente si decideranno gli equilibri finali, soprattutto in termini dinamici, ma anche a volte timbrici, di ciò che verrà ascoltato da parte degli utenti finali. A volte si può considerare come una sorta di “tribunale d’appello”, per correggere eventuali problemi residui non risolti in sede di missaggio.
E’ proprio qui che si decide la sorte reale del disco: è evidente che è proprio qui che si deve valutare con grande attenzione quale sarà il destinatario tipo finale del disco, posto che, come dicevo all’inizio è abbastanza difficile, se non impossibile, accontentare tutti. E le differenze non stanno solo fra audiophile e non audiophile. Abbastanza spesso una produzione dotata di buon budget deciderà, ad esempio, di realizzare due differenti master, uno destinato alla programmazione in radiofonia ed un altro per stampa dei dischi destinati al pubblico. Questo perché oggi in radio si tende a proporre musica fortemente compressa, che suoni “forte”, più forte del jingle pubblicitario che precede o segue la programmazione del brano stesso…

Alla fine di questa forse un po’ lunga dissertazione mi sento di poter trarre alcune conclusioni che spero possano essere condivisibili.
E’ giusto dire che un disco suona male a priori? Penso di no. E’ però doveroso e necessario sapere bene cosa si sta acquistando, per quale principale destinazione d’utilizzo è stato prodotto il disco (utilizzando a questo scopo senz’altro il buon senso ed anche la necessaria informazione, compreso, perché no, anche un articolo come questo). L’ultimo disco di Laura Pausini, per fare un esempio concreto, trovo suoni piuttosto bene se riprodotto da piccoli sistemi portatili, nell’autoradio della macchina, nei passaggi televisivi della domenica pomeriggio da Pippo Baudo… però se lo si ascolta con un minidiffusore di grande pregio, pilotato da un sofisticato sistema valvolare, metterà a nudo caratteristiche di sgradevolezza marcata: per il semplice fatto che l’acquirente tipo di questo disco, PURTROPPO, e sottolineo con forza questa parola, non usa tali sistemi di riproduzione, ma i primi che ho citato.
Viceversa risulta quasi sempre fastidioso ascoltare una sinfonia di Beethoven in macchina o in spiaggia, esattamente per gli speculari motivi opposti a quelli finora enunciati. Ma di questo parleremo nelle prossima puntata.

Mi permetto di concludere questo mio primo intervento, invitando tutti a riflettere sempre molto quando si formula un giudizio nella materia del nostro ambito di comune passione. Soprattutto tenendo sempre presente che dietro ciascun serio professionista (che reputo essere la grande maggioranza) esistono serissime e fondatissime motivazioni alla base di ciascuna scelta compiuta.

FINE PRIMO ARTICOLO
"Baby, Light My Fire!"




Marco Lincetto 15. May (May 15 08:47PM )
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LA GRANDE RINCORSA
Di
M.Lincetto


Viviamo un momento strano.
Laddove il termine “strano” ha un’accezione negativa. La stranezza consiste principalmente nel fatto che, per mille motivi che qui non mi interessa analizzare, stiamo assistendo ad una inusitata proliferazione di guru della domenica, santoni operanti sia a livello privato (semplici appassionati, che si ammantano di un’aura di santità, caritatevole) che a livello pubblico (operatori, che “decidono” di essere in possesso della ricchezza del verbo assoluto, da donare in cambio di venerazione e denaro). Non che questo fenomeno sia assolutamente nuovo; ma certamente negli ultimi due, tre anni si è ingigantito, cominciando a destare seria preoccupazione negli uomini di buona volontà che operano onestamente nel nostro bellissimo settore: la musica riprodotta.
Ma qual’ è la molla su cui tali equivoci personaggi, testè brevemente tratteggiati, fanno leva? La Grande Rincorsa di cui al titolo di questo mio nuovo articolo. La Grande Rincorsa di ogni appassionato verso la ricerca e, possibilmente, il raggiungimento dell’Assoluto nella riproduzione del suono; nel raggiungimento della conoscenza dei parametri che al di là di ogni ragionevole dubbio consentano a lui stesso di poter dire: “Ho finalmente l’impianto in grado di ripropormi la Verità del suono”. E questo è il grande equivoco di fondo, giacchè, come in tanti interventi da me proposti sulle riviste “di carta” e sul “nostro” amato Forum, tale assoluto, tali certezze sono, ahimè, irraggiungibili.
L’Assoluto, soprattutto nel campo della musica suonata, registrata e riprodotta, semplicemente non esiste. Esiste invece la malafede o nella migliore delle ipotesi l’ignoranza e la follia di alcuni (sempre di più) che pretendono di imporre il “loro” proprio assoluto (quindi, relativo) a chi è facilmente condizionabile da qualche parola ad effetto o da qualche giocattolo dalla foggia strana (ed inquietante).
A tali personaggi in cerca d’autore mi piace augurare un luminoso futuro in ospedale psichiatrico oppure dietro alle sbarre di una cella: soluzioni direttamente proporzionali al grado di follia e/o di malafede di tali esseri.

1B - CONTINUA
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Marco Lincetto 15. May (May 15 08:48PM )
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2B - CONTINUA

Passiamo ora a parlare degli argomenti a noi tutti cari. Leggendo con attenzione le preziose colonne del nostro Forum, mi rendo conto che vi sono alcuni temi che ritornano con frequenza nelle domande dei partecipanti. Prendendo in esame le problematiche legate al mondo della musica acustica eseguita (e ripresa) dal vivo, noto che almeno tre sono gli elementi preponderanti oggetto di dibattito: la Scena sonora, la Dinamica e la Timbrica. Come dire, con tutto il rispetto per le Sacre Entità che colgo ad esempio, padre, figlio e spirito santo (in minuscolo, per rispetto a quelli “veri”). E dunque, parliamone, dal nostro punto di vista, forse privilegiato, partendo proprio dalla

SCENA SONORA.

Troppo spesso mi capita di leggere affermazioni che vorrebbero indicare questo parametro di valutazione di un evento live e della sua speculare riproduzione domestica come eccessivamente sopravvalutato nei pensieri degli audiofili.
Ebbene, ovviamente non è così…


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znorterz 15. May (May 15 08:48PM )
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E poi...cortesemente "finisca" di appellare chi discute come un ignorante...confuso...Ma insomma, si limiti ad argomentare! O...si apra un suo forum privato e che diamine...io non ce l'ho Mica contro "Velut Luna"...anzi pensi che apprezzo un paio dei suoi lavori....
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Marco Lincetto 15. May (May 15 08:49PM )
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3B - CONTINUA

Certamente però mi voglio porre nei panni dell’appassionato che se ne va ad un concerto di musica classica per la prima volta, magari in una chiesa, magari seduto in posizione laterale a 15 o 20 file dal palco. Certamente il poveretto si farà l’idea che tutti i discorsi sulla localizzazione degli strumenti, sull’altezza, sulla larghezza e sulla profondità, possano essere considerati delle emerite baggianate… Se, però, questo appassionato, dopo questa prima esperienza, insiste nella frequentazione di concerti dal vivo, presenziando ad eventi in sale dalle differenti caratteristiche acustiche e soprattutto alternando la propria posizione rispetto al palco, ora vicina, ora lontana, ora centrale, ora laterale, si renderà conto di quanto possa essere impossibile poter dare un giudizio in via assoluta alla “qualità” della scena sonora ascoltata, e, diversamente, “ascoltabile” a casa propria. Per inciso, tali considerazioni possono essere considerate di natura generale nei confronti anche degli altri parametri di valutazione di cui parlerò in un’altra occasione.
Torniamo quindi a ribadire la parola d’ordine che guida in modo roccioso la mia linea di pensiero, ovvero: RELATIVITA’.
Se noi ci poniamo in terza fila rialzata, in posizione centrale, di una sala da concerto ideale, dotata di tempo di riverbero pari a circa 1,8 secondi con decadenza media, e sul palco si sta esibendo una grande orchestra sinfonica, potremo con grande naturalezza percepire un meraviglioso fronte sonoro, larghissimo, altissimo e profondissimo, ed anche chiudendo gli occhi potremo “vedere” ogni sezione strumentale, ogni solista nella sua naturale ed esatta posizione. Via via che nella medesima sala ci si allontana dal palcoscenico, percepiremo una progressiva riduzione dell’ampiezza di ciascuna delle tre dimensioni, fino a percepire un ascolto quasi mono posizionandosi in fondo alla sala.
Ma allora, qual’ è la verità dell’ascolto? Qual è l’ascolto “giusto” e, conseguentemente, qual è il modo giusto di ascoltare un evento di questo tipo a casa propria? La risposta è semplice: ciascuno di quelli descritti è il modo giusto, ciascuno di quelli descritti è il modo sbagliato, senza tema di smentita.
Ciascuna di queste realtà corrisponde al vero, aggiungendo però il prezioso ed irrinunciabile concetto latino che recita: “HIC ET NUNC”, qui e adesso. Tali variegate realtà possono quindi, correttamente, essere documentate in una ideale registrazione, in una ideale “fotografia sonora” dell’evento, considerando ovviamente la naturale approssimazione rispetto alla realtà, dovuta all’imperfezione dei mezzi tecnici oggi a nostra disposizione, su cui esprimerò la mia opinione fra breve.

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Marco Lincetto 15. May (May 15 08:49PM )
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4B - CONTINUA

Nel momento in cui l’ingegnere del suono si pone il problema di come documentare un determinato evento reale al cui cospetto si trova ad operare, deciderà evidentemente secondo la propria esperienza e soprattutto secondo il proprio gusto estetico. Nel mio caso personale sono dell’avviso che nel momento in cui si porta in casa di un appassionato un disco che contiene come oggetto di prioritaria ed assoluta importanza un programma musicale, sia indispensabile proporlo nel modo migliore possibile ovvero documentando su disco l’ipotetico ascolto della altrettanto ipotetica terza fila della sala ideale: e quindi un ascolto che possa offrire la più spettacolare delle immagini sonore, estesissima in ogni dimensione, dando quindi evidentemente la precedenza alla godibilità assoluta della Musica contenuta nella registrazione, a prescindere dall’eventuale negatività della sala in cui è stata ripresa, forzando, se è il caso, la ripresa stessa al fine di ottenere i risultati tecnici migliori, finalizzati alla massima valorizzazione del contenuto musicale.
Ma questo è ovviamente il mio punto di vista.
Post edited by Marco Lincetto at 2014-05-15 20:50:12
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znorterz 15. May (May 15 08:50PM )
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Mi sa che è. Inutile...e quindi farà in modo con queste si che sono provocazioni a...chiudere tutto...
non è. Corretto pero...inondare cosi...
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Marco Lincetto 15. May (May 15 08:50PM )
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5B - CONTINUA

Altra corrente di pensiero ritiene invece giusto cercare di riportare fra le pareti domestiche “esattamente” quanto percepito in un determinato spazio sonoro, a prescindere dagli eventuali “difetti” acustici caratterizzanti tale spazio. Devo dire che per brevissimo periodo, all’inizio delle mie esperienze in questo settore, anch’io avevo un’idea di questo tipo. Poi però mutata, col progredire dell’esperienza. Tale punto di vista, estremo, presenta infatti il fianco ad una fondamentale critica, legata all’oggettiva limitatezza dei mezzi di ripresa e di riproduzione dell’evento concerto. Non è infatti mai male sottolineare con forza che quando ciascuno di noi è presente ad un concerto, percepisce una serie di stimoli che vanno a colpire non solo il semplice senso dell’udito, ma anche la vista, l’olfatto, il tatto. Un concerto dal vivo rappresenta un’esperienza percettiva totalizzante, in cui il nostro corpo con tutti i propri sensi attenti è immerso nell’evento stesso; e se uno dei parametri, financo il più importante in questo caso, ovvero l’udito, è negativamente condizionato dalla posizione d’ascolto infelice o dall’acustica imperfetta della sala, ci penseranno gli altri sensi, con la fondamentale mediazione del nostro cervello, a compensare le lacune. Tale tipo di sensazione è oggi lontanissima dal poter essere riportata fra le quattro mura domestiche. A meno di non poter disporre di un sofisticato sistema audio video, multicanale e con il video in 3D proiettato su schermi di tipo IMAX… Ma ancora mancherebbero gli odori…
Comunque tant’è: tornando a volare “bassi”, sui parametri a noi più semplicemente familiari, spero di aver una volta di più chiarito il concetto più importante. Il suono, in via assoluta, non esiste; esiste solo in relazione ad un momento ed un luogo determinato e pure in quel momento ed in quel luogo due diverse persone potranno percepire un’idea di quell’evento necessariamente differente, pur di poco.
Tutto questo porta ad una risposta penso molto importante e per certi versi anche un po’ dolorosa oppure, a seconda dei punti di vista, emozionante. Come “deve” suonare il proprio impianto hi-fi può essere deciso solamente da noi stessi, dopo un lungo, faticoso, affascinante percorso di crescita personale, che prevede la instancabile frequentazione delle più differenti sale da concerto, l’ascolto dei più variegati gruppi strumentali e solisti. Solo a quel punto sapremo cosa cercare nell’oggetto da noi deputato alla riproduzione dei suoni; doverosamente consapevoli della limitatezza dei mezzi tecnici. Doverosamente consapevoli che quanto va benissimo a noi potrà non andare bene per un altro appassionato che ha svolto un percorso differente dal nostro o più frequentemente dispone di un apparato percettivo differente.

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Marco Lincetto 15. May (May 15 08:51PM )
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6B - CONTINUA

A questo proposito mi piace concludere questo mio intervento citando un esempio che mi appare decisamente illuminante. Un componente di fondamentale importanza per chi registra musica dal vivo è la cuffia. Nella maggioranza dei casi si sarà infatti costretti a prendere decisioni spesso non successivamente modificabili grazie all’ausilio di questo strano e per certi versi innaturale mezzo d’ascolto.
Vox populi pare che io realizzi registrazioni apprezzabili. Di eccellente livello sono anche le registrazioni effettuate dal mio collega ed amico Matteo Costa. Spesso una mia registrazione ha moltissimi punti di contatto con una realizzata da Matteo: siamo in qualche modo intercambiabili. Però nel modo di valutare i suoni usiamo sistemi radicalmente differenti: io uso una cuffia Beyerdynamic DT880, un componente senza il quale mi sento nudo e indifeso e senza il quale oggi non affronterei mai una registrazione dal vivo. Matteo usa invece una Sony di target medio basso, chiusa. Ebbene, se io indosso le sue Sony, soffro e non riesco a capre nulla, così come soffre lui quando indossa le mie Beyerdynamic.
Cosa significa tutto ciò? RELATIVITA’, RELATIVITA’, RELATIVITA’…

FINE ARTICOLO 2

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Re: documento ssorico della ssoria

Messaggio da leggereda tran quoc » 30 lug 2021, 8:26

io uso una cuffia Beyerdynamic DT880


ci siamo: il teorema dell'UGUAGLIO è COMPLETO
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Re: documento ssorico della ssoria

Messaggio da leggereda tran quoc » 30 lug 2021, 8:33

io uso una cuffia Beyerdynamic DT880, un componente senza il quale mi sento nudo e indifeso e senza il quale oggi non affronterei mai una registrazione dal vivo. Matteo usa invece una Sony di target medio basso, chiusa. Ebbene, se io indosso le sue Sony, soffro e non riesco a capre nulla, così come soffre lui quando indossa le mie Beyerdynamic.
Cosa significa tutto ciò? RELATIVITA’, RELATIVITA’, RELATIVITA’…


la relatività è per gli inferiori, occorre dirlo?

ci si può anche SDOPPIARE tra essere SOVRUMANO superiore ( non laureato) ed essere SOVRUMANO inferiore ( non laureato)

col secondo si sfida il padre terno
col primo sono tutte cinquine e tombole...superenalotto... coi numeri AMBO di torti romeo
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Re: documento ssorico della ssoria

Messaggio da leggereda tran quoc » 30 lug 2021, 8:39

Io sono in un mare di guai, sono i miei figli che continuano a farmi nuotare (B.M.)


cercavo l'INTERVISTA di alberto O.LUGLIO a bebbo moroni

c'è anche l'intervista di O.LUGLIO a giulio cesare adriano costantino nerone napoleone ricci

USCIRA' MAI dopo l'incendio del server che si è bruciato la ssoria della ssoria?
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Re: documento ssorico della ssoria

Messaggio da leggereda tran quoc » 30 lug 2021, 8:46

punti otrebla ed esce il tesoretto scomparso nella memoria
http://www.mosshi-fi.com/viewtopic.php?p=91672#p91672

Re: vaco

Messaggioda tran quoc » 28/09/2016, 18:49

scroodge 18:24 (August 22 06:24PM ) francesco pesavento della scoreggia, servente AL PEZZO dischetto lincetto
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C'era una volta un uomo, uno solo.

Magari era in compagnia, ma non poteva saperlo, per via che nel mondo in cui viveva i contatti tra umani erano veramente molto difficili, e perfino pericolosi.

Nel mondo in cui viveva tutti avevano una convinzione.
Incrollabile: tutto ciò che si vede è vero.

Avevano per le mani un disco infuocato che aveva l'abitudine di mostrarsi di giorno, e scomparire di notte, faceva proprio un cerchio sopra le loro teste. Sempre. Da millenni. Bello grande, puntuale...evidente.

Quell'uomo era un uomo speciale. Aveva due virtù: si poneva continuamente dubbi e si era inventato un metodo per fugarli.

Ad un dato momento dalla sua esistenza non ne poteva più, ma proprio più, di sentire corbellerie basate su un organo tanto ingannabile come l'occhio, basta andare nel deserto, diceva, e l'occhio ne vede di cose...

Così si armò di uno strumento che lui stesso aveva escogitato e cercò per prima cosa di dimostrare che l'occhio non aveva sempre sempre ragione e di conseguenza che il movimento di quel disco infuocato che girava nel cielo, altro non era che un grossolano errore di quell'organo pari piantato al centro della testa.

E cominciò a dirlo a destra e a mancina e anche negli ambienti che contano. Se ne pentì. Eccome se se ne pentì. Aveva trascurato la grande cecità (e siamo sempre lì pensava..) cui gli uomini possono arrivare per effetto della fede.
Buon dio stesso l'ha messo lì quel disco e ce l'ha donato proprio a noi perchè ci faccia luce e punto di riferimento!! Perdio!!. Dicevano.

E lui: no! Vi sbagliate guardate meglio, non fidatevi ciecamente (a ridaje) dei vostri sensi, oppure fidatevi se proprio vi va, ma verificate, falsificate (questa ultima era una grande idea e infatti un po' più in là qualcuno....) le vostre osservazioni, non fate che diventino convinzioni, senza averle messe in dubbio e confrontate.

Niente. Buttava proprio male. Avevano sempre ragione loro.

Se noi abbiamo sentito che se soffi con un aggeggio che sbuffa aria su un dischetto di plastica il dischetto cambia di come è fatto. Vuol dire che è vero, e basta. E siamo in tanti eh!! Tantissimi. E l'abbiamo visto con le nostre orecchie.

Ma come! cercava di difendersi lui, non stavamo parlando del disco rosso? E' lo stesso, poche storie!! Tu dubiti degli organi che buondio ci ha dato, che poi servono a contemplare proprio quel disco rosso, e tanto basta. E a te minimo ti mettiamo al rogo, così impari.

A meno...a meno che non ritratti tutto quello che hai detto!!"

Ora quest'uomo era un grande uomo ma, oltre a non amare il caldo, aveva una debolezza, una sola debolezza.
Gli piaceva da matti mangiare i torresani, AVEVA FAMIGLIA E NON VOLEVA ANDARE IN GUERRA.
C'era una trattoria che li faceva di un bene proprio sotto la torre dove aveva piazzato il suo strumento infernale.
Bene, la decisione era presa.
Un calcio al demoniaco strumento che ruzzolò giù dalle scale e via a mangiar torresani.

Con in mente Otrebla ( UNO DEI PIU GRANDI TESTADICAZZO MALATI CHE ABBIANO ATTRAVERSATO LE NEBBIE DELLE VALLI DEL SEDERE)
saluti
francesco pesavento, professore di robbe di psichiatria a padova





francesco, socio lincetto, ci consente di capire cosa è la pazzia: tu devi dubitare, lui ha tutte le certezze

se tu hai certezze le devi dimostrare a lui in doppio cieco...


eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee...viene da chiedere...e quelli che sono morti in guerra...e gli piacevano i torresani pure a loro...per dare libertà di parola a lui?
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Re: documento ssorico della ssoria

Messaggio da leggereda tran quoc » 30 lug 2021, 8:48

E cominciò a dirlo a destra e a mancina e anche negli ambienti che contano. Se ne pentì. Eccome se se ne pentì. Aveva trascurato la grande cecità (e siamo sempre lì pensava..) cui gli uomini possono arrivare per effetto della fede.


costui è pazzo...
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Re: documento ssorico della ssoria

Messaggio da leggereda tran quoc » 30 lug 2021, 8:53

Se noi abbiamo sentito che se soffi con un aggeggio che sbuffa aria su un dischetto di plastica il dischetto cambia di come è fatto. Vuol dire che è vero, e basta. E siamo in tanti eh!! Tantissimi. E l'abbiamo visto con le nostre orecchie.
pesavento della scoreggia, socio lincetto COLBOTTO

guarda caso il dischetto di plastica frulla e si sufla da solo l'aria turbine

può saperlo uno psichiatra PAZZO o un praticante dell'ASSIOMA?

chi ci sta a LEGARE pesavento e a fargli il doppio cieco con la cremina di lleoneta?
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Re: documento ssorico della ssoria

Messaggio da leggereda tran quoc » 30 lug 2021, 8:56

tran quoc ha scritto:
Se noi abbiamo sentito che se soffi con un aggeggio che sbuffa aria su un dischetto di plastica il dischetto cambia di come è fatto. Vuol dire che è vero, e basta. E siamo in tanti eh!! Tantissimi. E l'abbiamo visto con le nostre orecchie.
pesavento della scoreggia, socio lincetto COLBOTTO

guarda caso il dischetto di plastica frulla e si sufla da solo l'aria turbine

può saperlo uno psichiatra PAZZO o un praticante dell'ASSIOMA?

chi ci sta a LEGARE pesavento e a fargli il doppio cieco con la cremina di lleoneta?


ma attenzione...

LO PSICHIATRA ha VISTO il pobblema, ha SSUDIATO la soluzione, ha PRR...OGGETTATO il mandrino stabilizzatore, l'ha realizzato

ET VOILA' !

veda,
i pazzi non devi cercarli al manicomio, i manicomi sono chiusi...
anche perchè li gestivano i pazzi paludati e laureati
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