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Adriano Lincetto
Marco Lincetto April 2010
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Adriano Lincetto era mio papà.
Ma al di là di questo fatto tutto sommato incidentale, è stato un grande musicista.
E’ stato uno straordinario pianista; è stato un eccelso compositore,
forse uno dei più grandi compositori del ‘900.Esattamente 14 anni fa, a quest’ora in cui sto scrivendo – circa le 23.30 – entravo in quella “sala d’attesa” del reparto rianimazione dell’ospedale di Padova. Dietro al vetro, opaco e impenetrabile, c’era mio papà: o meglio, c’era quel poco di fisico che ancora lo legava a questo mondo, visto che lui, la sua essenza vitale, era probabilmente già da qualche altra parte, schivando la tristezza degli ultimi momenti in terra di un corpo troppo improvvisamente colpito da un accidente imprevisto ed imprevedibile e da questo troppo rapidamente consumato.
Non l’ho visitato quella notte, perché sapevo che non c’era già più. Stavo lì, in silenzio, con mio zio Danilo, suo fratello, seduto al mio fianco.Ma in quel silenzio, in realtà, parlai molto, con mio papà.Il nostro rapporto non era stato facile. Fra i miei 18 ed i miei 33 anni
ci siamo spesso mandati affanculo reciprocamente: più io a lui, che viceversa, però.
Poi, la musica, ci ha riunito, magicamente. In quei due anni che precedettero quel fatidico 24 aprile 1996 ci fu quasi una rincorsa per recuperare il tempo perduto.E quella piccola cosa che si chiama Velut Luna fu il motore ed il collante. Velut Luna esiste solo perché io sapevo di poter contare
sul miglior direttore artistico in assoluto che qualsiasi – ripeto: QUALSIASI – compagnia discografica potesse, e possa, ambire ad avere.E nonostante lui fosse molto allineato al pensiero di
Celibidache,
eeeee....troppo lungo documentare....celibidache era affetto da pazzia paranoica a suo dire...era TARATO MENTALMENTE....per quanto riguarda le registrazioni (di fatto non esistono sue registrazioni come pianista, tranne un paio di concerti da me ripresi quando ero ancora un bimbo ed una registrazione dell’ORTF, ovvero la radio nazionale di Francia, oggi assolutamente introvabile), non disdegnò il mio progetto.Forse, a pensarci bene, proprio per come lui la pensava, il suo accettare il coinvolgimento in questa avventura può essere considerato un grande atto d’amore nei miei confronti: da parte di un padre, nei confronti di un figlio.Quella notte fra il 23 ed il 24 aprile 1996 fu senza dubbio la più lunga e la più importante della mia vita, fino ad oggi. E quando alle nove circa di mattina del 24 mi comunicarono che mio papà era morto, avevo già raggiunto la ferrea convinzione che non solo non avrei dovuto mollare
la missione che mi ero prefisso di sviluppare, ma anzi con ancora più convinzione dovevo proseguire
.E così fu. E così è. E così sarà. Finchè avrò fiato. Esattamente come ha sempre fatto lui.Mio papà ha fatto tante cose, nella sua vita. In quei 59 anni è riuscito a lasciare tante tracce del suo passaggio; è riuscito a vivere ben più di una sola vita.Ha “inventato” una delle 5 o 6 più grandi cantanti liriche di tutti i tempi, sicuramente la più grande interprete rossiniana di sempre, ovvero Lucia Valentini Terrani.L’ha, letteralmente, plasmata. Ed in casa era di famiglia: per me era “zia Lucia”. Avevo 8 anni quando nell’estate del ’69 eravamo in vacanza insieme, a Cervia, in un grande appartamento in affitto e vedemmo insieme l’allunaggio dell’Apollo 11.E poi la carriera concertistica internazionale, come pianista e come camerista prestigioso: dieci anni intensi, fra i ’60 ed i ’70 in cui ha girato tutta l’Europa, con tournee che lo tenevano lontano da casa anche per mesi (ed in cui – oggi ne sono consapevole – io ho sofferto la sua assenza).E poi il Metropolitan… ovvero quando mio papà, per la sua innata ritrosia, per il suo senso di appartenenza alla sua terra, disse no, nel 1972, all’offerta di assumere l'incarico di "maestro preparatore", ricevuta dalla dirigenza del prestigioso teatro newyorkese (contratto biennale, stipendio principesco, casa pagata a Staten Island, scuola pagata nei migliori college per me e mio fratello…)E poi il conservatorio Pollini, la sua seconda casa. Prima, insieme al suo Maestro Silvio Omizzolo, ha contribuito a farlo diventare “Conservatorio”. Poi la cattedra di pianoforte. Poi la “vicedirezione” a fianco di Claudio Scimone: più di dieci anni in cui, in virtù della splendida assenza del vanesio mentore dei Solisti Veneti, di fatto tenne le redini di uno dei più grandi ed importanti conservatori italiani. E poche settimane dopo la sua morte era prevista la sua acclamazione come direttore…In mezzo a tutto ciò, però, il vero motore della sua vita fu… la sua Musica. Mio papà
ha scritto tantissima musica, perché non poteva farne a meno. Ma lui scriveva non per la gloria, non con quell’ambizione dissimulata tipica del compositore a la page, molto fintamente modesto. No, mio papà scriveva per se stesso e per i suoi amici. Quante volte un collega, un amico, bussava alla porta della sua aula in conservatorio e gli chiedeva di scrivere qualcosa per lui!A questo proposito, mi piace qui citare quanto ha scritto di lui il famoso filosofo Radu Lidijenko, che ebbe la ventura di conoscerlo a Parigi, nel 1966 e poi restare in contatto epistolare con lui (ed ora, con me):“ Vi sono persone che stanno tra noi e che, pure se troppo silenziose, danno l’impressione d’essere gente normale. Queste persone però vivono in un altro mondo, non nel normale mondo di tutti noi; loro vivono nel mondo vero, e vedono le cose così come sono, e altrettanto semplicemente le descrivono, dandoci a volte una specie di folgorazione.
Adriano Lincetto, e la sua musica lo mostra, si è sottratto alla parodia del cosiddetto mondo artistico, a sua volta una grottesca e micidiale parodia del cosiddetto mondo in generale, senza dar peso ai suggerimenti, alle imposizioni ed ai criteri che da quella
parodia dell’arte venivano. La sua salvezza, e quella di chi lo ascolti, sta tutta
nell’equilibrio in cui ha vissuto e composto, al di là del vecchio e del nuovo; un buon modo di trovare spazio e luce è quello di isolarsi in buona compagnia.”Ecco: questo breve, folgorante, scritto di Lidijenko fotografa in modo perfetto mio papà e la sua musica.Non ho nessuna intenzione, quindi, di banalizzare la sua arte cercando di incasellarla in una descrizione formale tanto inutile, quanto addirittura
insultante.Ho registrato già un paio di dischi dedicati a sue composizioni, ma il “disco dei dischi”, quella che io penso sia la sua musica più sentita e significativa, l’ho registrata lo scorso settembre., con l’Orchestra di Padova e del Veneto, diretta dal mio amico Fabio Framba. Si tratta di una suite per orchestra da camera, ricavata dalle musiche di scena scritte per una pantomima in atto unico, messa in scena nel dicembre del 1969, su testo di Cornelia Mora Taboga. Si intitola “I Sogni di Gianò” ed è la storia di un barbone, che dopo aver vissuto, si chiude nei suoi sogni, con la sua fisarmonica, in riva alla Senna.Gianò è Adriano, naturalmente.Ed il bello di queste persone, il bello di un grande autore, è che non muore mai: la sua musica sta lì, imperiosa ed imperitura.Questa registrazione andrà dentro un disco, che a sua volta sarà allegato alla nostra cara Audiophile Sound, nel numero di settembre.Però io ve ne voglio regalare un pezzetto subito: gli ultimi sette minuti, in cui, nel finale, potrete apprezzare la più bella e struggente melodia mai scritta, in cui l’oboe ed il flauto si inseguono in una rincorsa verso il cielo, sostenuti dal respiro degli archi.A chiunque me ne farà richiesta, manderò volentieri, interamente a mie spese, il master clone di questi sette minuti.Perché la musica di mio papà deve continuare e muoversi fra la gente come piaceva a lui: da un amico all’altro.P.S.: a volte, per non dire sempre, ci sono segnali che ci indicano
un disegno molto al di sopra di noi. Mio papà è morto fra il 23 ed il 24 aprile 1996. Esattamente 5 anni dopo, contro ogni previsione, per una srie di eventi fra loro concatenati e fortuiti, senza minimamente far conto della data, il 23 aprile, mi sono sposato con Patrizia.Oggi, 23 aprile 2010, è nata Elena, la prima figlia del mio socio Andrea.La vita continua.Marco Lincetto"Sono un operatore del settore musicale e sono molto inadeguato al settore in cui opero. Sono inadeguato tout-court"http://i36.tinypic.com/209nexv.
jpghttp://i34.tinypic.com/a085qw.jpgModificato da - marco lincetto il 24/04/2010 00:33:56Modificato da - marco lincetto il 24/04/2010 09:14:17
"Baby, Light My Fire!"