nanomacchio

Re: nanomacchio

Messaggio da leggereda tran quoc » 12 giu 2017, 17:05

DUPALLE CAPONERA

ma questo ha studiato e scrive libri

gli voglio fare un dispettuccio: se manda a me i suoi scritti POI io decido se pubblicarli o no!


La comunicazione incontrollabile e le biotecnologie

A cura di Marco Caponera*

il non detto La comunicazione scientifica in grossa parte del globo terrestre fortunatamente non in tutto, avviene attraverso i mezzi di comunicazione di massa, i quali si sostituiscono alla conoscenza diretta anche a ciò che attiene all’ambito alimentare generando una forma di cultura non più quindi im-mediata, tradizionale, culturale, ma al contrario frutto di variabili di mercato e tecnologiche che in epoca di globalizzazione si susseguono e si sostituiscono a ritmi vertiginosi lontani da una forma di contatto effettiva con interessi e attitudini propri dei soggetti che queste informazioni subiscono senza una reale possibilità di sottrarvisi. L’informazione nonostante il ricorso ossessivo alla tecnicizzazione, o al contrario proprio a causa di essa, non è in grado di descrivere le disarmonie cui la società sta andando incontro, quindi indicare i modi o più semplicemente gli ambiti ove correre ai ripari. Disoccupazione di massa, desertificazione, buco dello strato d’ozono, effetto serra, fame nel mondo, nazionalismi xenofobi, terrorismo, alimenti transgenici[1], clonazioni, sono soltanto alcune delle manifestazioni evidenti del sottosviluppo sociale e materiale, che il cosiddetto progresso capitalistico incondizionato, potrà produrre da qui a non molto, senza contare gli effetti irreversibili già avviati e non più arrestabili. Le informazioni, infatti, non agiscono nel vuoto: esse riguardano qualcosa e si rivolgono a qualcuno; esse non esercitano un’influenza in astratto, bensì su uomini che pensano e agiscono. E’ importante, inoltre, notare che le maggiori capacità tecniche di comunicazione, dovute all’inseguimento costante del ritrovato tecnologico superiore alla testata concorrente, portano a capacità di manipolazione sempre maggiori. Al contrario invece non portano necessariamente ad un aumento della qualità dell’informazione, poiché padroneggiare la tecnologia non è cosa immediata, né gratuita, così a farne le spese come al solito è la qualità a vantaggio della quantità, unica ad essere tecnologicamente garantita.
Il non detto in realtà può essere comunicato; non è un problema tecnico ma di linguaggio. La difficoltà di comunicazione scientifica non sta tanto ne problema della comunicazione dei concetti ma piuttosto nella volontà deliberata di chi fa informazione di eludere, quindi non palesando, quelle che sono le problematiche, gli errori, i limiti di una scienza che si suppone esatta ma che nella pratica appare piuttosto approssimativa. Il non detto è ciò che non deve essere comunicato poiché lederebbe in maniera significativa l’immagine della scienza, dello scienziato e delle multinazionali impegnate nella ricerca.
spettacolarizzazione della scienza I media forniscono una informazione tecnico scientifica scadente e filo aziendale, per via della sudditanza dovuta alle inserzioni pubblicitarie. I dossier divulgativi d’argomento scientifico prodotti dai media risentono significativamente: 1)della convinzione da parte degli addetti ai mass-media che i fruitori dell’informazione siano una massa di analfabeti incapaci di decodificare messaggi che contengono argomentazioni scientifiche e a cui ci si deve rivolgere per metafore, immagini e, a volte, onomatopee. 2) della necessità dei media di spettacolarizzare gli argomenti in esame per attrarre maggiore ascolto possibile. 3) che i media, nessuno escluso, sopravvivono grazie ai contributi degli inserzionisti, i quali molto spesso sono i protagonisti della programmazione stessa, quindi è praticamente impossibile per qualunque testata giornalistica essere obiettiva e imparziale quando ciò comporti un danno di immagine per i propri inserzionisti. In questo modo grazie alle motivazioni sopra esposte risulta chiaro che i mezzi di informazione di massa non sono e non saranno mai dalla parte di coloro i quali dicono di servire. Schematizzando essi non fanno informazione puntuale, seria e obiettiva.
La comunicazione si nutre di tecnologia, come la tecnologia si nutre di comunicazione. Questo binomio rappresenta la chiave di volta di tutto il sistema di produzione – di sovrapproduzione - che ha preso a giovarsi considerevolmente del potere del linguaggio pubblicitario, inteso non solamente come forma di promozione di prodotti determinati, bensì come insieme d’istituzioni spettacolari di ampio respiro, atte a manifestare e impostare la consapevolezza e la conoscenza diffusa del mondo merceologico totale. L’ideologia del consumo non si forma soltanto negli spot mediatici, ma abbraccia ogni branca del sapere e del vivere, in maniera tale da coprire tutte le manifestazioni e i luoghi possibili del vivere associato. Per dirla con Guy Debord l’ideologia spettacolare consuma la città nella campagna e viceversa; essa determina i modi e i termini sia della vita associata cittadina sia della vita appartata delle campagne facendone luoghi-merce, e contemporaneamente luoghi-consumo intercambiabili, li priva dello status materiale e li divizza. Così impostato geograficamente il merceologico linguistico detiene il controllo e attraverso il consumo raggiunge il fine economico[2]. Gli individui sono mantenuti nella presunzione di controllare l’uso che fanno del proprio consumo (anche alimentare) e del proprio linguaggio, facendo dell’autoregolazione il baluardo contro la sopraffazione da parte del sistema economico-globale.La consapevolezza di questa situazione contraddittoria sarebbe la prima manifestazione del controllo totale e della sua affermazione universale, poiché al contrario di quanto possa pensare di sé un qualunque cittadino del mondo occidentale: qualcun altro, nel momento in cui lui pensa sé stesso, l’ha già pensato e trasformato in consumatore passivo indicandogli il modo in cui guardarsi, sentirsi, riconoscersi e alimentarsi. Il nodo della questione è che la propaganda ideologica contemporanea non inizia e non finisce in corrispondenza di uno spot o di una campagna elettorale: essa ha radici e forme di controllo molto più profonde che derivano essenzialmente dal tipo di sistema economico cui fa riferimento e che, per forza di cose, sostiene.
Il controllo delle masse da un punto di vista geografico-mediatico avviene in maniera concentrata e diffusa nello stesso momento, amplificando a dismisura le potenzialità di entrambe le modalità d’azione. La gestione della popolazione, delle sue scelte e delle sue aspirazioni, oggi è concertata in maniera complessa e combinata, e non casuale come avveniva agli inizi del secolo quando, come ricorda Debord, negli stati pseudo-comunisti si effettuava una forma di controllo concentrata e, al contrario, nei paesi detti occidentali, il controllo era praticato con metodi diffusivi.[3] Non è assolutamente ammissibile che esistano, in epoca globale, forme d’arte, d’aggregazione sociale e di alimentazione diverse da quelle istituzionali, ma queste ancora oggi seppur ghettizzate e fortemente marginali sussistono, esempi lampanti ne sono gran parte della letteratura latino-americana che ha un suo modo di vedere e interpretare il vissuto quotidiano e le sue manifestazioni politiche in perfetta antitesi e in aperta polemica con gli intenti del mondo civile; sul versante sociale troviamo per esempio popolazioni indigene quali quelle messicane, – per tacere di molte altre - che rifiutano forme di organizzazione e sfruttamento dell’uomo da parte del suo simile, poiché vivono sulle proprie spalle e su quelle dei propri figli tutto il potere dello sviluppo del mondo occidentale e del sottosviluppo che invece ad essi è stato imposto. Nel manifestare il loro dissenso e il loro antagonismo però non si limitano a combattere le multinazionali dello sfruttamento sul loro stesso terreno, ma offrono un esempio di organizzazione sociale e politica non gerarchica fondata sul principio della cooperazione, dell’autonomia individuale e del pacifico sviluppo delle attitudini umane, offrendo così un esempio di civiltà ben più alta di quella raggiunta dagli squadroni della morte al soldo di Stati Uniti e Messico che, purtroppo per loro, dall’esistenza e dalla sopravvivenza di questi popoli traggono solamente perdite economiche. Non ci sono rivoluzioni tecnologiche in atto, non esiste ancora un dominio completo della macchina sull’uomo, bensì l’integrazione delle esigenze di questo con le esigenze dell’economia, che ne organizza le forme. Quando da questo processo congiunto tra locale e generale si arriverà a conoscere una sintesi allora potremo parlare in maniera esaustiva di società globalizzata. Al momento esclusivamente la fantomatica new-economy (finanza, reti telematiche, biotecnologie) può fregiarsi dell’aggettivo “globale”, tra tutte le forme di contatto e d’associazione umane.
3) blackout comunicativo Gli scienziati rifiutano di riconoscere come interlocutrici figure non tecniche, giudicandole incompetenti. Gli scienziati insistono ancora oggi nel non volersi occupare di etica, cioè delle ripercussioni dei loro esperimenti-prodotti di laboratorio nella realtà e quindi nell’ecosistema.Questi due opposti logici generano un clima di completa incomunicabilità da parte degli scienziati nei confronti del resto del mondo che invece dovrebbe rappresentare a rigor di logica il vero e proprio scopo della scienza. Chi si avvantaggia di queste logiche paradossali naturalmente è il “mercato”, da sempre avversario di uno sviluppo eco-compatibile e quindi di una visione seria di progresso che implichi un miglioramento della condizione reale della specie umana e non ultimo dell’intero pianeta. L’anacronistica declinazione di responsabilità cela il sinistro intento di tenersi e godere di uno spazio d’autonomia etica nei confronti del lavoro di laboratorio. Quest’ultimo però purtroppo non esiste svincolato dalla realtà esterna, o per meglio dire le sue regole sono autonome e fondate fintanto che i prodotti non entrano in contatto fisico con il mondo esterno. I laboratori sono luoghi asettici che nulla hanno a che fare con la realtà dell’ecosistema, con il suo complesso equilibrio di forze. Un’invenzione biotecnologica che, ad esempio, si comporti perfettamente in ambiente di laboratorio, non garantisce che questo si possa ripetere una volta immessa in ambiente naturale, anzi il più delle volte, come è già accaduto con il morbo della “mucca pazza” l’ambiente rigetta la modifica forzata con conseguenze che possono divenire catastrofiche. Una posizione così comoda per lo scienziato e al tempo stesso così pericolosa per il mondo intero non la si è mai garantita nella storia a nessun soggetto scientifico, politico, sociale, o medico.

*Marco Caponera: giornalista e scrittore, collabora con la Cattedra di Filosofia del Linguaggio dell’Università di Roma “Tor Vergata”, autore nel 2000 del libro: “Transgenico No”, per la Malatempora Editrice di Roma.
CAPOREDATTORE DI BEBBO

[1] Cfr. M. Caponera, Transgenico NO, Roma, Malatempora Editrice, 2000.
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Re: nanomacchio

Messaggio da leggereda tran quoc » 12 giu 2017, 17:08

collabora alla cattedra di FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO
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Re: nanomacchio

Messaggio da leggereda tran quoc » 12 giu 2017, 17:16

cioè....sciocchezuole di DISSESTO MENTALE

ueh....un filosofo!...cioè...questo ha studiato filosofia....


marcocaponera February 2004
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Per scelta filosofica io opto per il caos.


Non per il caos inteso come disordine ma come mera accettazione dei limiti della conoscenza umana.

Nle mondo dell'hi-fi coesistono da anni i teorici della bassa potenza e dell'alta efficienza, i fautori del suono valvolare.

All'opposto ovviamente vi è l'altra schiera.

Poi ci sono gli assertori del filtro a 6db/oct per i diffusori e coloro che non scendono sotto i 20 elementi di filtro per canale.

Per non parlare della stanca diatriba tra analogisti e digitalisti. Nel mezzo poi ci sono fiumi di indecisi che intraprendono strade intermedie.

Un po' come molti posso dire di essere stato partecipe di esperienze d'ascolto di tutte le categorie e senza un motivo preciso, nemmeno l'ambiente, ho trovato, in ogni categoria, impianti da sogno, ottimi, decenti, indecenti, inascoltabili.

Tornando al caos credo che ogni impianto abbia una sua anima che altro non è che il riflesso di quella del suo proprietario.
MECOJONITONDI!

Ci sono audiofili che cambiano il proprio impianto ogni 6 mesi per intero, altri che posseggono ancora il primo finalino della vita (il primo finale non si scorda mai!).
Alcuni hanno migliaia di dischi, altri ne posseggono poche decine ma li ascoltano quotidianamente tutti...Caosmoticamente si può realizzare l'impianto che fa sempre 13 ma forse non è sufficente una chiacchierata sul forum uno scambio di opinioni, c'è bisogno di pazienza e spesso chi scrive non ce l'ha perchè sta con una mano sulla tastiera a scrivere il post e con l'altra sta accendendo la macchina per andare a comprare l'impianto.

Ci vorrebbe una compentenza specifica da parte di ciascun utente di questo forum e non vedo allora di cosa dovrebbero parlare tra loro visto che tutti sanno tutto.

E' DISAGIO VERO CAPONERO!

E ci vorrebbe meno dipendenza dai consigli scaturiti DAL BEBBO, perchè, ripeto, non tutti possono realmente conoscere tutti gli apparecchi di cui parlano, come se ci dormissero accanto.

Mi è capitato più volte di leggere qualcuno che consigliava elementi del proprio impianto, per me questi non sono consigli dati ad altri, ma auto-conferme dei propri acquisti.

Ci vorrebbe anche che ogni nuovo utente si leggesse attentamente i vecchi post per capire con chi ha a che fare, cosa è già stato detto, e farsi un'idea prima di postare l'ennesimo messaggio sullo stesso argomento.

Questo non è un forum di consulenza commerciale è un forum per lo scambio di pareri, opinioni e soprattutto esperienze (ben descritte per far capire da che pulpito si parla) che possano arricchire il bagaglio di conoscenza della comunità che vi si costruisce intorno.

Questo per riassumere alcune cose che penso da qualche tempo e delle quali poco si discute qui nel forum.

Un saluto,
Marco Caponera
http://www.videohifi.com
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Re: nanomacchio

Messaggio da leggereda tran quoc » 12 giu 2017, 17:29

Inviato: Ven Feb 27, 2015 5:29 am Oggetto: lonza autogolle Rispondi citando


occhio che er lonza se po',,,,
iscrive pure da noi Laughing Laughing Laughing
cosi ce fa ride in,,,
diretta,,, Shocked

PS mi ricordo quanno me raccontava che lui scriveva solo pe vhf,,,,
pecche' dicev,,,,l altri forum so fogne,,,,
ed il bello e' che la' pure scritto ,,,,,in quer magnifico tread,,,
nomato " Benvenuto ilenco 61"
sottotilo,,,,mo je famo er culo
Laughing

http://www.hifi-forumlibero.it/phpBB3/v ... f=5&t=5446

la calabresella dopo poco ha tirato fori il manganello,,,
ed ha iniziato,,,,il massacro,,,, Laughing
tocca chiama' er wweffe,,,,,
e denuncia' er martrattamento der lonza,,,, Laughing Laughing

ma me sta' vveni' un sospetto,,,, Shocked
nun sara' cher lonza e' masochista??????
e ce gode a fasse bastona'? Rolling Eyes


http://ansaht.com/phpBB2/posting.php?mo ... 785b08d73d


ce n'è per tutti i TRITI!

tu non ci crederai ma a me dispiace l'ODIO MORTALE tra il sordo carlo carli e il lincetto
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Re: nanomacchio

Messaggio da leggereda tran quoc » 12 giu 2017, 17:35

tu non ci crederai ma a me dispiace l'ODIO MORTALE tra il sordo carlo carli e il lincetto


dico solo: DESTINI e FORTUNA perchè hai voluto sparigliare così?



(disamicizia, faida)


Che ci fanno queste anime
davanti alla chiesa
questa gente divisa
questa storia sospesa

a misura di braccio
a distanza di offesa
che alla pace si pensa
che la pace si sfiora

due famiglie disarmate di sangue
si schierano a resa
e per tutti il dolore degli altri
è dolore a metà

si accontenta di cause leggere
la guerra del cuore
il lamento di un cane abbattuto
da un'ombra di passo

si soddisfa di brevi agonie
sulla strada di casa
uno scoppio di sangue
un'assenza apparecchiata per cena

e a ogni sparo di caccia all'intorno
si domanda fortuna
che ci fanno queste figlie
a ricamare a cucire

queste macchie di lutto
rinunciate all'amore
fra di loro si nasconde
una speranza smarrita

che il nemico la vuole
che la vuol restituita
e una fretta di mani sorprese
a toccare le mani

che dev'esserci un modo di vivere
senza dolore
una corsa degli occhi negli occhi
a scoprire che invece
è soltanto un riposo del vento

un odiare a metà
e alla parte che manca
si dedica l'autorità

che la disamistade
si oppone alla nostra sventura
questa corsa del tempo
a sparigliare destini e fortuna

che ci fanno queste anime
davanti alla chiesa
questa gente divisa
questa storia sospesa
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Re: nanomacchio

Messaggio da leggereda tran quoc » 12 giu 2017, 17:48

tran quoc ha scritto:DUPALLE CAPONERA

ma questo ha studiato e scrive libri

gli voglio fare un dispettuccio: se manda a me i suoi scritti POI io decido se pubblicarli o no!


La comunicazione incontrollabile e le biotecnologie

A cura di Marco Caponera*

il non detto La comunicazione scientifica in grossa parte del globo terrestre fortunatamente non in tutto, avviene attraverso i mezzi di comunicazione di massa, i quali si sostituiscono alla conoscenza diretta anche a ciò che attiene all’ambito alimentare generando una forma di cultura non più quindi im-mediata, tradizionale, culturale, ma al contrario frutto di variabili di mercato e tecnologiche che in epoca di globalizzazione si susseguono e si sostituiscono a ritmi vertiginosi lontani da una forma di contatto effettiva con interessi e attitudini propri dei soggetti che queste informazioni subiscono senza una reale possibilità di sottrarvisi. L’informazione nonostante il ricorso ossessivo alla tecnicizzazione, o al contrario proprio a causa di essa, non è in grado di descrivere le disarmonie cui la società sta andando incontro, quindi indicare i modi o più semplicemente gli ambiti ove correre ai ripari. Disoccupazione di massa, desertificazione, buco dello strato d’ozono, effetto serra, fame nel mondo, nazionalismi xenofobi, terrorismo, alimenti transgenici[1], clonazioni, sono soltanto alcune delle manifestazioni evidenti del sottosviluppo sociale e materiale, che il cosiddetto progresso capitalistico incondizionato, potrà produrre da qui a non molto, senza contare gli effetti irreversibili già avviati e non più arrestabili. Le informazioni, infatti, non agiscono nel vuoto: esse riguardano qualcosa e si rivolgono a qualcuno; esse non esercitano un’influenza in astratto, bensì su uomini che pensano e agiscono. E’ importante, inoltre, notare che le maggiori capacità tecniche di comunicazione, dovute all’inseguimento costante del ritrovato tecnologico superiore alla testata concorrente, portano a capacità di manipolazione sempre maggiori. Al contrario invece non portano necessariamente ad un aumento della qualità dell’informazione, poiché padroneggiare la tecnologia non è cosa immediata, né gratuita, così a farne le spese come al solito è la qualità a vantaggio della quantità, unica ad essere tecnologicamente garantita.
Il non detto in realtà può essere comunicato; non è un problema tecnico ma di linguaggio. La difficoltà di comunicazione scientifica non sta tanto ne problema della comunicazione dei concetti ma piuttosto nella volontà deliberata di chi fa informazione di eludere, quindi non palesando, quelle che sono le problematiche, gli errori, i limiti di una scienza che si suppone esatta ma che nella pratica appare piuttosto approssimativa. Il non detto è ciò che non deve essere comunicato poiché lederebbe in maniera significativa l’immagine della scienza, dello scienziato e delle multinazionali impegnate nella ricerca.
spettacolarizzazione della scienza I media forniscono una informazione tecnico scientifica scadente e filo aziendale, per via della sudditanza dovuta alle inserzioni pubblicitarie. I dossier divulgativi d’argomento scientifico prodotti dai media risentono significativamente: 1)della convinzione da parte degli addetti ai mass-media che i fruitori dell’informazione siano una massa di analfabeti incapaci di decodificare messaggi che contengono argomentazioni scientifiche e a cui ci si deve rivolgere per metafore, immagini e, a volte, onomatopee. 2) della necessità dei media di spettacolarizzare gli argomenti in esame per attrarre maggiore ascolto possibile. 3) che i media, nessuno escluso, sopravvivono grazie ai contributi degli inserzionisti, i quali molto spesso sono i protagonisti della programmazione stessa, quindi è praticamente impossibile per qualunque testata giornalistica essere obiettiva e imparziale quando ciò comporti un danno di immagine per i propri inserzionisti. In questo modo grazie alle motivazioni sopra esposte risulta chiaro che i mezzi di informazione di massa non sono e non saranno mai dalla parte di coloro i quali dicono di servire. Schematizzando essi non fanno informazione puntuale, seria e obiettiva.
La comunicazione si nutre di tecnologia, come la tecnologia si nutre di comunicazione. Questo binomio rappresenta la chiave di volta di tutto il sistema di produzione – di sovrapproduzione - che ha preso a giovarsi considerevolmente del potere del linguaggio pubblicitario, inteso non solamente come forma di promozione di prodotti determinati, bensì come insieme d’istituzioni spettacolari di ampio respiro, atte a manifestare e impostare la consapevolezza e la conoscenza diffusa del mondo merceologico totale. L’ideologia del consumo non si forma soltanto negli spot mediatici, ma abbraccia ogni branca del sapere e del vivere, in maniera tale da coprire tutte le manifestazioni e i luoghi possibili del vivere associato. Per dirla con Guy Debord l’ideologia spettacolare consuma la città nella campagna e viceversa; essa determina i modi e i termini sia della vita associata cittadina sia della vita appartata delle campagne facendone luoghi-merce, e contemporaneamente luoghi-consumo intercambiabili, li priva dello status materiale e li divizza. Così impostato geograficamente il merceologico linguistico detiene il controllo e attraverso il consumo raggiunge il fine economico[2]. Gli individui sono mantenuti nella presunzione di controllare l’uso che fanno del proprio consumo (anche alimentare) e del proprio linguaggio, facendo dell’autoregolazione il baluardo contro la sopraffazione da parte del sistema economico-globale.La consapevolezza di questa situazione contraddittoria sarebbe la prima manifestazione del controllo totale e della sua affermazione universale, poiché al contrario di quanto possa pensare di sé un qualunque cittadino del mondo occidentale: qualcun altro, nel momento in cui lui pensa sé stesso, l’ha già pensato e trasformato in consumatore passivo indicandogli il modo in cui guardarsi, sentirsi, riconoscersi e alimentarsi. Il nodo della questione è che la propaganda ideologica contemporanea non inizia e non finisce in corrispondenza di uno spot o di una campagna elettorale: essa ha radici e forme di controllo molto più profonde che derivano essenzialmente dal tipo di sistema economico cui fa riferimento e che, per forza di cose, sostiene.
Il controllo delle masse da un punto di vista geografico-mediatico avviene in maniera concentrata e diffusa nello stesso momento, amplificando a dismisura le potenzialità di entrambe le modalità d’azione. La gestione della popolazione, delle sue scelte e delle sue aspirazioni, oggi è concertata in maniera complessa e combinata, e non casuale come avveniva agli inizi del secolo quando, come ricorda Debord, negli stati pseudo-comunisti si effettuava una forma di controllo concentrata e, al contrario, nei paesi detti occidentali, il controllo era praticato con metodi diffusivi.[3] Non è assolutamente ammissibile che esistano, in epoca globale, forme d’arte, d’aggregazione sociale e di alimentazione diverse da quelle istituzionali, ma queste ancora oggi seppur ghettizzate e fortemente marginali sussistono, esempi lampanti ne sono gran parte della letteratura latino-americana che ha un suo modo di vedere e interpretare il vissuto quotidiano e le sue manifestazioni politiche in perfetta antitesi e in aperta polemica con gli intenti del mondo civile; sul versante sociale troviamo per esempio popolazioni indigene quali quelle messicane, – per tacere di molte altre - che rifiutano forme di organizzazione e sfruttamento dell’uomo da parte del suo simile, poiché vivono sulle proprie spalle e su quelle dei propri figli tutto il potere dello sviluppo del mondo occidentale e del sottosviluppo che invece ad essi è stato imposto. Nel manifestare il loro dissenso e il loro antagonismo però non si limitano a combattere le multinazionali dello sfruttamento sul loro stesso terreno, ma offrono un esempio di organizzazione sociale e politica non gerarchica fondata sul principio della cooperazione, dell’autonomia individuale e del pacifico sviluppo delle attitudini umane, offrendo così un esempio di civiltà ben più alta di quella raggiunta dagli squadroni della morte al soldo di Stati Uniti e Messico che, purtroppo per loro, dall’esistenza e dalla sopravvivenza di questi popoli traggono solamente perdite economiche. Non ci sono rivoluzioni tecnologiche in atto, non esiste ancora un dominio completo della macchina sull’uomo, bensì l’integrazione delle esigenze di questo con le esigenze dell’economia, che ne organizza le forme. Quando da questo processo congiunto tra locale e generale si arriverà a conoscere una sintesi allora potremo parlare in maniera esaustiva di società globalizzata. Al momento esclusivamente la fantomatica new-economy (finanza, reti telematiche, biotecnologie) può fregiarsi dell’aggettivo “globale”, tra tutte le forme di contatto e d’associazione umane.
3) blackout comunicativo Gli scienziati rifiutano di riconoscere come interlocutrici figure non tecniche, giudicandole incompetenti. Gli scienziati insistono ancora oggi nel non volersi occupare di etica, cioè delle ripercussioni dei loro esperimenti-prodotti di laboratorio nella realtà e quindi nell’ecosistema.Questi due opposti logici generano un clima di completa incomunicabilità da parte degli scienziati nei confronti del resto del mondo che invece dovrebbe rappresentare a rigor di logica il vero e proprio scopo della scienza. Chi si avvantaggia di queste logiche paradossali naturalmente è il “mercato”, da sempre avversario di uno sviluppo eco-compatibile e quindi di una visione seria di progresso che implichi un miglioramento della condizione reale della specie umana e non ultimo dell’intero pianeta. L’anacronistica declinazione di responsabilità cela il sinistro intento di tenersi e godere di uno spazio d’autonomia etica nei confronti del lavoro di laboratorio. Quest’ultimo però purtroppo non esiste svincolato dalla realtà esterna, o per meglio dire le sue regole sono autonome e fondate fintanto che i prodotti non entrano in contatto fisico con il mondo esterno. I laboratori sono luoghi asettici che nulla hanno a che fare con la realtà dell’ecosistema, con il suo complesso equilibrio di forze. Un’invenzione biotecnologica che, ad esempio, si comporti perfettamente in ambiente di laboratorio, non garantisce che questo si possa ripetere una volta immessa in ambiente naturale, anzi il più delle volte, come è già accaduto con il morbo della “mucca pazza” l’ambiente rigetta la modifica forzata con conseguenze che possono divenire catastrofiche. Una posizione così comoda per lo scienziato e al tempo stesso così pericolosa per il mondo intero non la si è mai garantita nella storia a nessun soggetto scientifico, politico, sociale, o medico.

*Marco Caponera: giornalista e scrittore, collabora con la Cattedra di Filosofia del Linguaggio dell’Università di Roma “Tor Vergata”, autore nel 2000 del libro: “Transgenico No”, per la Malatempora Editrice di Roma.
CAPOREDATTORE DI BEBBO

[1] Cfr. M. Caponera, Transgenico NO, Roma, Malatempora Editrice, 2000.



se non l'ha ammazzato lui adesso bebbo si suicida....



e ringrazia che non so leggere e non capisco sennò ti spiegherei per filo e per segno

ma son sicuro che capisci da te.... :lol:
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Re: nanomacchio

Messaggio da leggereda tran quoc » 12 giu 2017, 18:10

marcocaponera May 2007
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quote: ..........................

Scusami Roberto,ma ho scritto talmente tante volte queste cose che alla fine mi stanco e mi inalbero, come scrivi tu.

A me pare che stiamo tornando continuamente sugli stessi punti e questo, non so a te, a me annoia.

Io faccio il giornalista hi-fi per diletto,

beh...un folosofo, sia pure DESTOCAZZO, dovrebbe conoscere il millantato credito...

per scelta esistenziale mi occupo di filosofia, politica e mass media, e in questo preciso periodo della mia vita, l'hi-fi è all'ultimo posto dei miei interessi.

Buona parte delle motivazioni risiedono in questo forum.

Dove a intervalli regolari arriva qualcuno a insegnarci cosa sia giusto, cosa sia sbagliato ecc...

Siccome
, ho avuto modo di scriverlo più volte, io ho avuto i maestri migliori (quindi non per merito mio), tutto questo per me suona come minestra riscaldata.

Mi pare di sentire i profeti della fine del mondo: "se non vi redimerete finirete all'inferno", ma non è così.

Non c'è nessuna fine del mondo e non c'è un progettista uno che possa affermare che un suo prodotto sia migliore della concorrenza in qualunque condizione.

MI CHIEDO ANZI COSA SCRIVA BEBBO COL SUO ANIMISMO FASUONARE COME DICE LUI

Le condizioni specifiche caratterizzano ciascun impianto e non è possibile parlare di verità nell'elettronica di consumo.

LO SQUILIBRATO MENTALE butta SUBITO A VERITA', NON A SCIENZA!

Infine, perdo l'amore per questo "hobby" proprio perchè c'è gente che non lo vive come tale ma, di nuovo, come una fede, con sette, partitini e soprattutto spionaggi, controspionaggi e campagne mediatiche, gurus della felicità tipo bebbo e truffatori rivistaioli come ce ne son tanti e neri ( mauro).

Ma vi rendete conto di quanto sia ridicolo tutto ciò?


COSA PENZATE SE NON ME NE RENDO CONTO IO?

In questa stessa sezione ho postato un messaggio nel quale si portava evidenza del fatto che in Italia la libera informazione è assente, ma non quella hi-fi, quella che dovrebbe dirci cos'è successo oggi nel mondo, quella importante, quella seria, quella dei quotidiani, dei TG.

EVVABBE'...MA URE QUELLA...CHE MALE C'E'?...una esclude l'altra?

In questo paese
non sappiamo cosa è successo durante una manifestazione ma sappiamo benissimo l'evoluzione del processo per pedofilia o quello di cogne.

Vi rendete conto o no
che un hobby è un passatempo e che le cose per cui fare battaglie, campagne e per cui perdere il sonno sono altre?
COSA VI RODE IL CULO, LA TRUFFA TRENTENNALE E NESSUNA SPERANZA?
Come si fa a scrivere nove pagine di nulla?
COME CAZZO FA BEBBO A MANGIARE CON QUELLE STRONZATE TRUFFA CHE SCRIVE?
Come fanno migliaia di persone a leggere questo stupido thread?

SI VEDE BENE IL MIO DISAGIO MENTALE?

Non lo so, io quello che dovevo dire l'ho detto, senza mai irridere o insultare l'interlocutore, ma a tutto c'è un limite, e il mio tempo per questo è finito.

EMMENOMALE!


Ciao, Marco jellanera



non è che qualciuno a distanza di tempo gli vuole bene e lo ricovera?
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Re: nanomacchio

Messaggio da leggereda tran quoc » 12 giu 2017, 18:17

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O togliete quelle immagini, specie l'osceno lampadario o siete veramente bannati. Ora me li sgtate davvero facendo girare a mille.
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Re: nanomacchio

Messaggio da leggereda tran quoc » 12 giu 2017, 18:19

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Esprimo la mia solidarietà a Giovanni ASTE e BILANCERI , persona serissima che quando lo òpiglia in culo non ride, che certamente non ha bisogno di invocare espulsioni aperte o velate nei confronti di chicchessia.

In più d'un occasione non ho compreso il livore di Marco Lincetto di cui peraltro, sarebbe anche superfluo ricordare, ho sempre rispettato il lavoro.
Cari saluti,
Marco Caponera
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